Molto spesso quest'idea suscita il rifiuto, la disapprovazione e la rabbia. E' sicuramente più facile ammettere che siamo responsabili della nostra felicità e del nostro successo. Ma risulta spesso insostenibile estendere questa responsabilità alla creazione della nostra sofferenza o della nostra sconfitta.
Infatti, come potremmo accusare quelli che soffrono di aver creato, ossia desiderato, il loro stesso dolore? Un tale concetto appare inammissibile ed ingiusto.
Non c'è tuttavia più grande rispetto e più grande speranza che il sottolineare il nostro ruolo creatore nella nostra infelicità perché, quello che abbiamo fatto, abbiamo il potere di disfarlo.
Certo, di rado creiamo consciamente le situazioni penose, esse sono generalmente motivate dalle nostre programmazioni inconsce e nefaste. Ma, nel decodificare queste programmazioni, ci diamo i mezzi per trasformarle ed agire in modo benefico e potente sulla nostra vita.
In realtà, è molto più difficile creare l'infelicità che creare la felicità. L'infelicità non è uno stato naturale.
La nostra responsabilità è la nostra forza, il nostro regalo e la nostra libertà. Siamo liberi di mettere il nostro potere creatore al servizio della nostra evoluzione, della nostra guarigione e della nostra armonia.
Il miracolo ritma la vita di quelli che conoscono e padroneggiano il loro potere creatore.
