La postura a sedere nella meditazione zen

La postura a sedere nella meditazione zen
  • 1° metodo: il tallone della gamba sinistra attaccato – o il più aderente possibile – all'ano; il piede della gamba destra accostato alla tibia della sinistra. Questa, di solito, è la posizione più comoda.
  • 2° metodo: è simile il modo precedente, ma il piede destro viene posto sopra al polpaccio sinistro.
  • 3° metodo: è simile al secondo modo, con la differenza che il piede destro viene appoggiato sulla gamba sinistra, il più vicino possibile all'anca. È la cosiddetta posizione del mezzo loto.
  • 4° metodo: è il loto completo. Piede destro sulla gamba sinistra e piede sinistro sulla gamba destra. È la posizione più ardua da ottenere e più faticosa da mantenere per un tempo prolungato. Ha comunque un suo senso: Le gambe nella posizione del loto sono completamente bloccate, incastrate: dalla cintola in giù non c'è nessuna necessità di mantenere la postura in modo volontario. Essa si mantiene da sé.
Come accennato, sotto il sedere va posto uno spessore (fatto di coperte, o di cuscini, o usando uno zafu – il cuscino tradizionale dello zen). Questo spessore serve a far sì che le ginocchia vadano ad appoggiarsi a terra. Si dovrebbe formare una sorta di treppiede ben stabile, tre punti – cioè – sui quali il corpo poggia a terra: il sedere e le due ginocchia. Ovviamente lo spessore varia da persona a persona.
smenkhangLa colonna vertebrale è dritta. Le diverse vertebre devono essere allineate tra loro. Poniamo attenzione soprattutto alla terza vertebra, che è quella che ci permette di fare quel movimento pelvico del bacino, alla Elvis! Lo spessore sotto al sedere ci aiuterà in questo. Per il resto, saremo noi a muoverla – in avanti o indietro – fino a porla in linea con le altre vertebre. Così facendo, anche quella curva tra la parte bassa della schiena e la parte alta del sedere, che si forma naturalmente quando siamo seduti nella vita ordinaria, dovrà scomparire.
 
La colonna vertebrale non va solo raddrizzata, ma va mantenuta anche in uno stato di leggero, leggerissimo allungamento. Le diverse vertebre non devono schiacciarsi l'una sull'altra, ma mantenute a una certa distanza. Per far questo spostiamo il nostro mento all'indietro. Attenzione: non va abbassato, bensì spostato indietro. La parte posteriore della nuca, quindi, tenderà leggermente verso l'alto.
 
In questo modo la nostra testa si allineerà di più con il nostro busto e si inclinerà un poco verso il basso. Lo sguardo, che prima era in direzione parallela rispetto al pavimento, ora poggia naturalmente su un punto del pavimento stesso, più o meno a un paio di metri di distanza da noi. Teoricamente la linea dello sguardo dovrebbe formare un angolo di 45 gradi rispetto al piano del pavimento.
 
Il movimento indietro del mento avrà prodotto anche un altro effetto: quella curva del collo, dietro, si sarà un po' distesa. Solitamente, nello zen tradizionale soprattutto, si fa arretrare il mento a tal punto che la curva dietro del collo scompare del tutto, distendendosi completamente. Ma il consiglio è di mantenerla un poco, perché il contrario potrebbe provocare – e spesso provoca in molti – disturbi e tensioni muscolari all'altezza del collo e nella parte alta delle spalle.
 
Le labbra vanno chiuse. I denti vanno serrati, a meno che questo non provochi una fastidiosa tensione mandibolare: nel qual caso, possono rimanere leggermente distanti. La punta della lingua va appoggiata sul palato duro, possibilmente sul punto tra il termine del palato duro e l'inizio delle gengive dei denti superiori. In questo modo la salivazione è ridotta ai minimi termini.
 
Gli occhi possono rimanere chiusi oppure leggermente aperti, quasi due fessure. In un caso si rimane ovviamente esposti ai segnali visivi esterni, ma è anche vero che nell'altro caso – con gli occhi chiusi – i pensieri vanno a una velocità più vorticosa. Si può provare l'uno e l'altro modo, e una volta scelto quello che fa per noi, perseverare in esso. Nel caso gli occhi rimangano aperti, come già detto, vanno a fissarsi su punto immaginario del pavimento a un paio di metri da noi.
 
Le mani possono appoggiarsi sulle ginocchia, oppure sulle cosce – decidiamo noi a quale altezza – oppure possono rimanere in grembo, una dentro l'altra o con le dita incrociate. Le braccia, soprattutto nel caso le mani vengano appoggiate sulle ginocchia o sulle cosce, vanno mantenute a una certa, anche piccola, distanza dal busto. Non devono essere, cioè, completamente aderenti al corpo.
 
La leggerissima tensione necessaria per mantenere la braccia un poco distanti dal busto, insieme alla punta della lingua sul palato duro e al mento fatto rientrare, servono anche a ricordare a noi stessi – intanto che pratichiamo – che stiamo praticando! Ci mantengono cioè in uno stato di lucidità, di vigilanza, di chiarezza, lontani quindi dal pericolo del torpore, della dimenticanza, dell'obnubilamento mentale.
 
Le spalle sono allineate tra loro: non cadenti in avanti e neppure tese all'indietro come i militari. Una linea retta immaginaria dovrebbe passare da una spalla all'altra. Anche le parti destra e sinistra del petto sono allineate e parallele tra loro.
 
Si respira con il naso. La respirazione è addominale e non toracica. La cassa toracica deve rimanere ferma, muovendosi solo l'addome per inspirare (allargamento) e per espirare (svuotamento). In modo tale, le spalle non si muoveranno in su e in giù, rimanendo alla stessa altezza.
 
Ci si accorgerà ben presto che stare seduti in questa maniera non è privo di difficoltà. Dolori alla schiena, alle articolazioni, ecc. È importante quindi perseverare nel mantenere la postura, soprattutto ponendo mente su tutti gli aspetti che la costituiscono. Con il tempo le giunture si scioglieranno e il nostro corpo si irrobustirà. Perseverare non significa però costringersi in modo sconsiderato. L'impegno è un'ottima cosa, ma cum grano salis. Non sforziamoci oltre misura.
 
Impegniamoci soprattutto nell'ottenere una posizione stabile, equilibrata, armoniosa e nobile.
Una postura corretta è qualcosa di sommamente importante. Una estrema stabilità e lucidità corporea si riverberano a livello mentale e viceversa. Inoltre, come recita un detto zen, "zazen è shikantaza", cioè: meditazione è mantenere la postura. Se si ha una postura completamente pulita, stabile, equilibrata, totalmente realizzata nella sua pienezza; se si mantiene la postura con consapevolezza, se si raggiunge uno stato di unità con la postura stessa, se si diviene la postura stessa, se si è la postura stessa, allora non c'è più mente e corpo, non c'è più dualità, non ci sei più tu e il tuo tentativo di stare seduto in un certo modo. C'è solo unità, pienezza, dispiegata realizzazione. Tutto è fermo, stabile, compatto, silenzioso. È tutto lì, non c'è altro da raggiungere.

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Antonio Franco | Breath Trainer & Counselor
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