Nel nostro cammino nella vita, costellato di problemi, di momenti di solitudine, di difficoltà, tendiamo a cercare fuori da noi dei punti di riferimento, come delle persone che possano sostenerci o delle teorie cui aderire ed appoggiarci.
Non è sbagliato questo, o meglio non è completamente sbagliato: ognuno di noi ha bisogno di riconoscere l'importanza di ciò che ci circonda, delle altre persone e di quello che ci può essere dato (e che noi possiamo dare agli altri ed all'ambiente) e di non credere di essere il centro dell'universo.
Spesso, però, questo cercare fuori, più che un capire che siamo uno con ciò che ci circonda, è un modo di "dipendere" dagli altri, dai loro consigli o teorie, dato che ci crediamo incapaci di comprendere determinate situazioni, non in grado di superare difficoltà e sofferenze con le nostre sole forze. Cerchiamo persone che ci spieghino perché abbiamo determinati comportamenti, perché siamo fatti in un modo e non in un altro.
Quello che Buddha ci dice è che nessuno può capire noi stessi meglio di noi, nessuno ci può spiegare qualcosa se non siamo pronti a comprendere: l'esperienza infatti è importante ma richiede la capacità di assimilarne il senso, altrimenti diventerà un evento destinato a ripetersi nella nostra vita più e più volte, fino alla sua assimilazione.
Essere una luce per noi stessi
Ho pensato che essere una luce per noi stessi è anche un modo di assumersi la responsabilità della propria vita, non demandando ad altri il compito (impossibile) di farlo.
Nessuno può vivere al posto nostro ed io sono l'unica persona che è sempre con me. Gli altri vanno e vengono ma io sono sempre qui con me e posso sostenermi, seguire i miei progetti, combattere le mie battaglie in ogni istante.
Un antico detto Ch'an recita che solo chi beve l'acqua sa se è tiepida o fredda.
