Rebirthing e psicoterapia

Università degli studi di Bologna
FACOLTÀ DI PSICOLOGIA
"PSICOLOGIA ED EMOZIONI, LA TECNICA DEL REBIRTHING"

La psicologia clinica ha messo in evidenza come la salute di una persona si consolidi attraverso la possibilità di esprimersi liberamente e l`offerta di un ampio spazio di opportunità comunicative. In particolare è cresciuta l`attenzione al ruolo delle emozioni e alla necessità di educare ad esprimerle, invece che reprimerle, pena una vasta serie di disturbi "psicosomatici", provocati dal disagio causato dall`inibizione dei processi comunicativi.
Candace B. Pert (che ha dimostrato concretamente l'esistenza dei recettori per gli oppiacei endogeni all'inizio degli anni '70) sostiene: "Non possiamo più attribuire alle emozioni minore validità che alla sostanza fisica e materiale, anzi, dobbiamo considerarle segnali cellulari coinvolti nel processo di traduzione delle informazioni in realtà fisica, che trasforma letteralmente la mente in materia. Le emozioni nascono nel punto di congiunzione fra materia e mente, passando dall'una all'altra in tutte
e due i sensi influenzandole entrambe" (Pert, 2000).
Le emozioni, che guidano costantemente la nostra vita, sono strettamente connesse a molte funzioni psicofisiologiche. Come afferma Lowen, sostenitore dell' "analisi bioenergetica": "La respirazione ha un legame diretto con lo stato di eccitazione del corpo. Se siamo rilassati e calmi, respiriamo adagio e senza sforzo. Negli stati di profonda emozione la respirazione diventa più rapida e intensa. Se abbiamo paura, ispiriamo a scatti e tratteniamo il respiro. Se siamo tesi, la respirazione è poco profonda. È vero anche il contrario: ispirando profondamente favoriamo il rilassamento del corpo" (Lowen, 1991).
Una corretta attività respiratoria è quindi indispensabile per una soddisfacente qualità della vita del nostro organismo. Molti modi di dire quotidiani cercano di ricordarci quanto appena detto: parliamo di "fiato sospeso", "sospiro di sollievo", ci sentiamo soffocare, ispiriamo fiducia, temiamo una cospirazione. Inoltre sappiamo che paura, pianto, gioia, rabbia, hanno componenti emotive e respiratorie inseparabili. Lo psicoterapeuta G. Downing afferma: "…Il sistema respiratorio è strettamente connesso con gli stati affettivi. Basta che cambi la condizione immediata delle nostre emozioni, che cambi solo la minima sfumatura, perché il respiro prenda a vibrare, a dilatarsi, a esitare, o a rispondere in qualche altro modo. Non c'è nient'altro in noi che reagisca in una forma così minuziosamente calibrata. E siccome gli stati affettivi sono un modo di scoprire l'ambiente circostante, le informazioni che la respirazione ci fornisce possono essere cruciali. Mentre gli affetti leggono il mondo, il respiro legge gli affetti" (Downing, 1995).
Dice Nakamura: "Gli esercizi respiratori favoriscono la circolazione del sangue, prevengono l'accumularsi del colesterolo e ritardano l'instaurarsi di gravi malattie come l'arteriosclerosi e la trombosi. I continui esercizi respiratori promuovono inoltre le funzioni dei globuli bianchi e rossi…Se i capillari si dilatano, un maggior volume di sangue fresco, ricco di risorse nutritive, viene fornito ad ogni parte del corpo. Questo facilita il metabolismo. I respiri lunghi e profondi permettono la dilatazione dei vasi sanguigni e rafforzano l'espansione e la dilatazione dei capillari. Questi risultati sono chiaramente riconosciuti dalla medicina, tanto occidentale quanto orientale, come conseguenze benefiche degli esercizi respiratori" (Nakamura, 1984).
Detto questo, possiamo di nuovo affermare che le alterazioni del ritmo e dell'intensità della respirazione sono fortemente connesse alle emozioni: la gioia e l'eccitazione rendono il respiro più profondo e rapido, mentre la paura e il panico generano accelerazioni e spasmi che possono indurre anche un blocco respiratorio.
Il respiro interagisce a tal punto con le nostre emozioni che potremmo tracciare un intero elenco di modi di respirare, collegati a particolari stati emotivi ed emozionali: "sospirare" esprime tristezza, melanconia; "ansimare" è sintomo d'ansia o di eccitazione; il senso di soffocamento è collegato all'angoscia; "sbadigliare" esprime stanchezza o noia; "singhiozzare" esprime disperazione; "balbettare" è sintomo di imbarazzo; una respirazione regolare invece si accompagna di solito a uno stato di calma.
Il respiro, quindi, accompagna e, al tempo stesso, fa parte delle nostre emozioni. Rendersene conto può essere di aiuto per comprendersi meglio, per essere più consapevoli dei nostri stati d'animo e delle ragioni che li innescano. Respiro ed emozioni sono componenti inseparabili.
Dice Alexander Lowen: "La desensibilizzazione di una parte del corpo ha un effetto sul suo funzionamento generale. Ogni zona che diviene desensibilizzata riduce la vitalità dell'intero organismo. Limita, in una certa misura, la motilità naturale del corpo e agisce come elemento limitante nei confronti della funzione della respirazione. In tal modo fa diminuire il livello energetico dell'organismo e indebolisce tutta la formazione degli impulsi. In situazioni nelle quali l'espressione di un impulso potrebbe evocare una minaccia da parte dell'ambiente nei confronti del bambino, questi cercherà consapevolmente di reprimere tale impulso. Otterrà questo facendo diminuire la propria motilità e limitando la propria respirazione. Non muovendosi e trattenendo il respiro si possono smorzare il desiderio e le sensazioni. Infatti, in una disperata manovra per sopravvivere, si intorpidisce il corpo intero. Se questa desensibilizzazione si spinge piuttosto in là, dà luogo alla personalità schizoide…" (Lowen, 1980).
Anche Boadella precisa "Come l'attività motoria nella lotta o nella fuga scarica le emozioni di rabbia e di paura e ristabilisce un funzionamento piacevole, così il pianto è per l'uomo una valvola di sfogo naturale per l'emozione della tristezza. Si è osservato saggiamente che non dare sfogo alle lacrime in situazione di perdita impedisce il ritorno all'attività piacevole (Boadella, Liss, 1986).
Le emozioni, modulano di continuo ciò che noi sperimentiamo come "realtà", poiché la scelta delle informazioni sensoriali che arriverà al cervello per essere filtrate, dipende dai segnali che i recettori ricevono dai peptidi (lunghe catene di aminoacidi). Man mano che la ricerca progredisce, infatti, si vede come anche il ruolo dei peptidi non si limita ad ottenere azioni semplici ed isolate da singole cellule ed apparati, quanto quello di collegare tutti gli apparati nell'organismo in una rete unica che reagisce ai cambiamenti, interni o esterni che siano, con modificazioni complesse e orchestrate in modo sottile.
A questo proposito dice Pert: "Se accettiamo l'idea che i peptidi e le altre sostanze informazionali siano la base biochimica delle emozioni, la loro distribuzione nel sistema nervoso ha una portata estremamente vasta, che Sigmund Freud se fosse ancora vivo, sarebbe ben lieto di mettere in risalto come la conferma molecolare delle sue teorie. Il corpo si identifica con l'inconscio! I traumi repressi causati da una sovrabbondanza di emozioni possono restare immagazzinati in una parte del corpo, influenzando in seguito la nostra capacità di percepire quella parte o addirittura di muoverla. Le nuove ricerche in corso suggeriscono l'esistenza di un numero quasi illimitato di vie attraverso le quali la mente cosciente può accedere all'inconscio e al corpo, e modificarlo, oltre a fornire una spiegazione per un certo numero di fenomeni sui quali i teorici delle emozioni stanno ancora meditando" (Pert, 2000, p.167).
Il livello di attivazione o di eccitazione dell'organismo può fluttuare tra valori estremamente bassi, che si registrano quando l'ambiente è tranquillo, a valori molto alti, come nel caso di tensione o paura dovuta a qualche minaccia incombente.
Gli ultimi studi inoltre dimostrano come una significativa stimolazione emozionale sia associata con una netta attivazione del sistema degli oppioidi endogeni, come avviene nella "analgesia da stress" riportata negli animali. Vediamo quindi come emozioni violente tanto da divenire "traumi" possano condizionare la vita di una persona, e ciò è particolarmente vero fin dall'infanzia, dove i meccanismi di difesa del bimbo non hanno la capacità di supportare un'elaborazione degli eventi che invece può essere più funzionale in un adulto. D'altro canto, si è visto che determinati pensieri o emozioni oltre ad avere la capacità di portare a produrre il nostro corpo le cosiddette "endorfine" possono fare in modo che il corpo produca da solo delle sostanze che si legano ai recettori delle benzodiazepine (avendo così un'altrettanto efficace funzione ansiolitica), chiamate "neurosteroidi".
Sappiamo inoltre che il sistema immunitario, così come il sistema nervoso centrale, è dotato di memoria e capacità di apprendimento; sembra che sia stato (cit. in Goleman, 1996) lo psicologo Robert Ader per primo a scoprire che anche il sistema immunitario, proprio come il cervello, era capace di apprendere (scoperta effettuata nel 1974 alla School of Medicine and Dentistry della Rochester University) grazie ad un esperimento sui ratti.
Afferma De Luca: "Le emozioni non sono mai creazioni interne cerebrali o disincarnate. Il nostro organismo comprende infatti diversi bisogni, strutture e livelli. Il livello fisiologico costituisce l'impalcatura più elementare e primaria su cui impariamo a costruire gradualmente l'intera esperienza della nostra vita. Ciascuna emozione o pensiero, per quanto lontana o distaccata dal contesto corporeo, si inserisce sempre in un ciclo di bisogni, di impulsi e di mete racchiuse nella funzionalità complessiva dell'organismo. In tal modo possiamo descrivere tutte le emozioni come la gioia, la tristezza, la rabbia o il risentimento come altrettante reazioni concomitanti con l'impalcatura coordinata dei nostri organi fisici: il cuore, il fegato, i polmoni e i sistemi muscolare e circolatorio, che presiedono ad ogni possibile attività psichica" (De Luca, 1995).
Molto interessanti a questo proposito sono anche gli studi di Herbert Benson alla Harvard medical school; riporto qui di seguito il resoconto relativo ad un suo esperimento:
"Facemmo venire in laboratorio praticanti di meditazione in perfetta salute, e applicammo strumenti come cateteri intravenosi, cateteri intra-arteriali, elettrodi per misurare la frequenza e il ritmo cardiaco, e elettrodi per misurare le onde cerebrali, e maschere per analizzare il respiro in modo da poter misurare il metabolismo. Poi, li facemmo sedere per un'ora intera prima dell'inizio delle misurazioni. L'esperimento era diviso in tre periodi. C'era un periodo pre-meditativo, un periodo di effettiva meditazione e uno di post-meditazione, della durata di venti minuti ciascuno. Dopo avere preso le misurazioni iniziali per i primi venti minuti del periodo pre-meditativo, venne chiesto ai soggetti di meditare. Osservandoli non si notava alcun mutamento nella loro attività, nessun cambiamento di posizione, semplicemente essi mutavano il contenuto dei loro pensieri. Usavano la loro mente in modo diverso. Mentre lo facevano noi continuammo a misurare i cambiamenti fisiologici per i seguenti venti minuti del periodo meditativo. Alla fine di questo periodo chiedemmo loro di riprendere a pensare in modo normale e ancora una volta essi mutarono modo di pensare. Vi furono notevoli fluttuazioni nel consumo di ossigeno, che è il termine medico per definire il metabolismo. In altre parole, il consumo globale della loro energia e del loro metabolismo diminuiva del 16 e 17 per cento con il solo processo del cambiamento di modo di pensare…Paragonabili ai mutamenti nel consumo di ossigeno furono i cambiamenti nell'eliminazione del biossido di carbonio, che è il prodotto di scarto del metabolismo. Questi soggetti facevano calare realmente il loro metabolismo e per mezzo della meditazione consumavano una minore quantità di energia corporea. Anche la frequenza del loro respiro diminuiva dai 13, 14 atti inspiratori per minuto a 10 o 11 per minuto, solo mutando modo di pensare…Non ci fu nessun mutamento nel PO2, cioè nella concentrazione di ossigeno nel sangue. Le cellule ricevevano carburante a sufficienza, cioè ossigeno; semplicemente ne consumavano di meno…Quando si ripresentavano i pensieri normali, c'era un ritorno al metabolismo ordinario…inoltre le onde cerebrali erano leggermente differenti da quelle che si registrano durante il sonno. Crediamo che ciò che avveniva durante la meditazione fosse una reazione direttamente opposta alla reazione di stress…Che abbiamo chiamato "reazione di rilassamento" (Gyatso Tenzin, Benson et al., 1993, pp. 59-61).
Queste nuove ricerche sono molto importanti e aprono nuovi orizzonti, tanto più che ormai le conferme sono numerose grazie anche ai nuovi strumenti che la scienza mette disposizione dei ricercatori.
Sostiene Pert: "La respirazione controllata, ossia la tecnica adottata tanto dai maestri di yoga quanto dalle partorienti, è estremamente potente. Esiste una quantità di dati da cui risulta che i cambiamenti nel ritmo e nella profondità della respirazione producono cambiamenti nella quantità e nella specie di peptidi che vengono rilasciati dal midollo allungato, e viceversa. Portando questo processo a livello di coscienza e facendo qualcosa per alterarlo, o trattenendo il fiato o respirando molto in fretta, si ottiene che i peptidi si diffondono in tutto il liquido cerebrospinale nel tentativo di ristabilire l'omeostasi, ossia il meccanismo che serve a ristabilire e mantenere l'equilibrio. E siccome molti di questi peptidi sono endorfine, cioè oppiacei naturali del corpo, insieme con altre specie di sostanze che alleviano il dolore, si ottiene ben presto una diminuzione del dolore…Il legame peptidi-respirazione è ben documentato: in pratica tutti i peptidi che si trovano nell'organismo sono presenti nell'apparato respiratorio. Questo substrato peptidico può fornire la spiegazione scientifica dei potenti effetti risanatori degli schemi di respirazione controllati in modo cosciente" (Pert, 2000, p.223).
Quando lo stress impedisce alle molecole dell'emozione di fluire liberamente dove ce n'è bisogno, i processi in gran parte automatici che sono regolati dal flusso dei peptidi, come il respiro, la circolazione del sangue, l'immunità, la digestione e l'eliminazione delle scorie, si riducono a pochi e semplici circuiti di feedback sconvolgendo la normale reattività legata al processo risanatore.
Praticando determinate tecniche di respirazione quindi, come appunto il "rebirthing", si può consentire a pensieri, sensazioni, emozioni sepolte da tempo di risalire a galla, rimettendo in circolazione i peptidi, e riportando il corpo e le emozioni alla salute. Suggerisce ancora Pert "La tendenza ad ignorare le emozioni fa parte di un pensiero ormai superato, è un residuo del paradigma ancora dominante che ci spinge a concentrarsi sul livello materiale della salute, sul suo aspetto fisico. Eppure le emozioni sono l'elemento chiave nella cura di se stessi, perché consentono di partecipare al dialogo corpo/mente. Entrando in contatto con le nostre emozioni, ascoltandole e indirizzandole grazie alla rete psicosomatica, riusciamo ad ottenere l'accesso alla saggezza risanatrice che rientra nei diritti biologici naturali di tutti noi" (Pert, 2000).
La psicoterapia corporea come area teorico-clinica si è sviluppata, attraverso un insieme complesso di esperienze, di studi, di movimenti, e si caratterizza non solo per le tecniche corporee, ma per il caratteristico sistema teorico che legge nei termini mente/corpo, lo sviluppo evolutivo, la configurazione e le alterazioni patologiche di individui, famiglie, gruppi.
Chi più di tutti forse si concentrò maggiormente sull'influenza del corpo e delle emozioni ad esso connesse fu Wilhelm Reich.
Come riporta Paolo Cundo: "Occorre la riflessione di Wilhelm Reich e la sua analisi dell'armatura caratteriale perché si riconosca nelle emozioni inespresse e, in generale, nei movimenti trattenuti uno dei fondamenti dell'eziologia delle nevrosi e si cominci a considerare l'ipotesi che la cura non necessiti solo di elaborazioni trasmesse attraverso le parole, ma anche di un aiuto per arrivare all'effettivo sblocco dei processi inibiti, e quindi di una sorta di allenamento all'azione del pensiero, della parola e del gesto" (Cundo, 1997).
Allievo di Freud, in quanto nei primi anni della sua vita professionale faceva parte di quel gruppo di psicoanalisti che a Vienna gravitavano attorno alla sua figura, cominciò pian piano ad interessarsi anche ai fenomeni "corporei". Poté così constatare come, al di là di ogni verbalizzazione, alcuni pazienti, apparentemente cooperanti, producevano dei comportamenti ostili: arrivavano in ritardo, scuotevano la testa in senso di diniego assicurando al tempo stesso di essere d'accordo, oppure producevano dei materiali su misura utilizzando la propria conoscenza della psicoanalisi come difesa.
Portando la propria attenzione ai comportamenti non verbali, Reich diede avvio ad un processo di differenziazione del proprio approccio che finì col portarlo, gradualmente ma irrevocabilmente, al di fuori dell'ortodossia psicoanalitica di quei tempi.
Infatti la scelta di un maggior scambio col paziente guidò Reich verso le sue scoperte più significative. Nonostante rimanesse un convinto utilizzatore del linguaggio verbale,Reich cominciò a prestare anche molta attenzione al linguaggio del corpo.
Iniziò così a notare che tutte le volte che il paziente veniva affrontato a livello delle sue resistenze, così da essere "costretto" ad uscire allo scoperto assumendosi la responsabilità dei propri atteggiamenti ostili, si verificavano significativi fenomeni fisici e mutamenti di atteggiamento: rossore, tremolii, pallore, scoppi di pianto ecc. Portando quindi la propria attenzione sul versante somatico e non verbale del comportamento del paziente, cominciò ad individuare una sorta di contatto biunivoco tra linguaggio verbale e linguaggio corporeo.
Scoprì ad esempio come molti suoi pazienti dimostravano una marcata tendenza a bloccare la respirazione per controllare i propri vissuti emozionali; se a questo punto li si incoraggiava ad ampliare la respirazione venivano alla luce forti emozioni, come ad esempio la rabbia, seguita rapidamente da ricordi infantili chiarissimi di situazioni in cui l'espressione del sentimento in causa era stata violentemente inibita: "I nostri pazienti riferivano senza eccezione che nell'infanzia avevano attraversato periodi in cui, attraverso determinate pratiche che influenzavano le loro funzioni vegetative (trattenere il respiro, tendere la muscolatura addominale, ecc.), avevano imparato a reprimere i loro impulsi di odio, angoscia e amore…Ogni volta è sorprendente vedere come lo scioglimento di un irrigidimento muscolare non solo libera energia vegetativa, ma riproduce anche quella situazione nella memoria in cui la repressione della pulsione si è verificata. Possiamo dire: ogni irrigidimento muscolare contiene la storia e il significato del suo sorgere" (Reich, 2000).
Egli si chiese così, per esempio, se un certo insieme di tensioni muscolari non stesse ad indicare un preciso atteggiamento anche psichico rispetto alla vita. Ad esempio se un torace cronicamente rigonfio, una mascella tesa, gambe deboli, non fossero indicazioni precise di un vissuto emozionale e quindi se analizzare queste difese non fosse più efficace che invece esaminare le difese psichiche di un individuo. Un altro aspetto importante della terapia di Reich è il lavoro sulla respirazione, che come sappiamo è il cardine centrale anche del rebirthing: "I disturbi della respirazione nelle nevrosi sono sintomi consequenziali delle tensioni addominali….I bambini combattono solitamente i continui e penosi stati di angoscia che sentono nello stomaco trattenendo il respiro…Trattenere il respiro e mantenere il diaframma contratto è forse uno dei primi e più importanti atti che hanno lo scopo sia di sopprimere le sensazioni di piacere nell'addome sia di soffocare sul nascere l'angoscia addominale…Se la respirazione è ridotta, si introduce meno ossigeno, praticamente solo quella quantità necessaria alla conservazione della vita. Se nell'organismo viene prodotta meno energia, allora le eccitazioni vegetative sono minori e quindi anche più facili da dominare. La respirazione frenata dei nevrotici ha quindi, biologicamente parlando, la funzione di ridurre la produzione di energia nell'organismo, e quindi anche la produzione di angoscia" (Reich, 2000).
Altro autore molto importante sull'asse mente-corpo-emozioni è Alexander Lowen, allievo di Reich, in cui troviamo molte delle caratteristiche del maestro, ma anche alcune innovazioni.
Importante notare per quanto riguarda il nostro lavoro che egli mantiene, anzi amplifica l'attenzione data al respiro dal suo maestro: "Il punto migliore per cominciare è la respirazione, è questa la base della tecnica che Reich impiegò nella terapia con me. La respirazione è forse la funzione corporea più importante, dato che la vita ne dipende in modo assoluto. Possiede la caratteristica di essere un'attività naturale e involontaria soggetta però nello stesso tempo al controllo cosciente…….Quando una persona è molto arrabbiata il respiro diventa più rapido, per aiutarla a mobilitare una maggiore quantità di energia per l'azione aggressiva. La paura ha l'effetto opposto: spinge la persona a trattenere il respiro perché nello stato di paura l'azione è sospesa. Se la paura diventa panico come quando una persona cerca disperatamente di sfuggire ad una situazione minacciosa, il respiro si fa rapido e poco profondo. Nel terrore si respira a fatica, poiché questa emozione ha un effetto paralizzante sul corpo. In uno stato di piacere, la respirazione è lenta e profonda. Tuttavia, se l'eccitazione piacevole diventa godimento ed estasi, come nell'orgasmo sessuale, la respirazione diventa molto rapida ma anche molto profonda, in risposta all'intensificata eccitazione piacevole della scarica sessuale. Lo studio della respirazione di un individuo permette al terapeuta di comprendere il suo stato emotivo" (Lowen, 1994).
In psicoterapia corporea emergono sensazioni e percezioni inusuali: quali tremiti, formicolii, correnti e così via. Certe zone diventano calde o fredde, vengono percepite pesanti o leggere, grandi e gonfie o piccole. Questi cambiamenti psicofisici sono spiegati come un emergere di esperienze estremamente intense ma sepolte, un affiorare di materiale corporeo "inconscio", di vissuti, emozioni, ricordi e sensazioni fisiche perdute: uditive, tattili, visive, olfattive che siano.
E` indispensabile che, in terapia, queste arcaiche esperienze siano rivissute, e rivissute su tutti i piani del Sé. È indispensabile che siano rese finalmente gratificanti e nutrienti, trasformandone gli esiti antichi e le antiche tracce laddove siano connotate negativamente, per evitare che si ripetano le stesse vicende drammatiche che i pazienti hanno già vissuto nel loro sviluppo evolutivo: indifferenza, incomprensione, distacco, ostilità, sfiducia, freddezza nei loro confronti.
In questo possono essere utili tecniche di respirazione come il rebirthing.
Come già detto, infatti, il rebirthing è una tecnica respiratoria molto semplice, che può facilitare, attraverso un determinato modo di respirare, il contatto con emozioni e vissuti repressi, permettendo di riportare alla coscienza, e quindi "rielaborare", determinati "blocchi" emotivi traumatici.
Ogni volta che formuliamo giudizi negativi riguardo qualcosa, noi stessi o altre persone, proviamo sensazioni spiacevoli nel nostro corpo. Abbiamo tutti un forte impulso ad essere felici, ed un impulso altrettanto forte è quello di avere ragione. C'è quindi la tendenza naturale nell'essere umano a non riconoscere dati di realtà che comportano emozioni negative, in quanto richiamano sofferenza. Di conseguenza, si cerca di evitare la consapevolezza di tutto ciò che si è giudicato negativamente per sentirsi bene.
Il termine "reprimere" significa appunto fare in modo di non essere consapevoli. Ciò che abbiamo considerato negativamente e poi represso diventa qualcosa da cui nascondersi o fuggire, e la sensazione spiacevole che l'accompagna può rimanere nel corpo come tensione cronica o come problema di altro tipo. Come affermano Leonard e Laut: "Il rebirthing si serve delle sensazioni fisiche per arrivare alla mente. Tutto ciò che è stato giudicato negativamente e represso ha lasciato una traccia nel corpo, uno schema d'energia, che è rimasto, represso, in attesa di tornare all'attenzione consapevole per essere integrato nel senso di gratitudine e benessere" (Leonard, Laut, 1988). L'integrazione dei contenuti mentali consiste nel diventare consapevoli di qualcosa che si è giudicata negativamente e smettere di giudicarla tale. L'integrazione si può ottenere osservando i contenuti mentali subconsci che emergono durante una sessione di rebirthing.
Questa moderna tecnica ha radici antichissime, in passato era praticata presso i monaci buddhisti del Siam per ottenere stati profondi di coscienza, inoltre presenta molti punti di contatto con varie tecniche yoga, in special modo con il kriya yoga diffuso in occidente soprattutto grazie al maestro Paramahansa Yogananda, capace di convertire centinaia di migliaia di persone in America al suo metodo.
Ci sono numerosi esempi del rapporto tra il ritmo respiratorio di un essere umano e i suoi stati di coscienza, dice Yogananda: "Quando siamo assorbiti completamente da qualche argomento automaticamente respiriamo con molta lentezza, la fissità dell'attenzione si unisce alla lentezza del respiro… Una respirazione accelerata o irregolare invece, inevitabilmente si accompagna a stati emotivi come la paura, la collera, l'ansia ecc… La scimmia irrequieta respira 32 volte al minuto, l'elefante, la tartaruga, la serpe e altri animali noti per loro longevità invece hanno un ritmo respiratorio più lento di quello dell'uomo, la tartaruga gigante ad esempio, che vive fino a 300 anni, respira solo quattro volte al minuto." (Yogananda, 1971).
"Quando la vostra mente possiede la qualità che la rende capace di non agire per dei motivi ideologici (perché se si agisce in base ad un ideale qualsiasi si crea divisione), quando la mente non ha alcun ideale e quindi non sta facendo alcun tentativo per cercare di ottenere qualcosa di diverso da quello che ha, è del tutto aperta e pronta a vedere la realtà dei fatti" (Krishnamurti, 1981).
Per fare questo dobbiamo annullare ogni giudizio buono o cattivo, giusto o sbagliato, positivo o negativo, per accogliere l'esperienza recettiva della mente.

A questo proposito uno studioso del pensiero positivo J. Murphy, dice: "Il subconscio è saggio e conosce la risposta ad ogni domanda, però non muove nessun tipo di obiezione logica e non s'impegola con voi in nessuna discussione….Nel momento in cui vi dite che la situazione non ha via d'uscita, vi private da soli dell'aiuto che il discernimento e la sapienza del vostro subconscio potrebbero darvi…" (Murphy, 1990), ed anche la terapia della gestalt ci insegna ad ampliare il contesto delle nostre esperienze, adattandoci alle difficoltà, ma anche affermando il nostro diritto alla vita: "L'individuo, infatti, deve cambiare costantemente se desidera sopravvivere. È proprio quando l'individuo diventa incapace di modificare le sue tecniche manipolative e interattive che insorge la nevrosi. Quando l'individuo si fissa in un modo di agire superato, è meno capace di soddisfare uno qualsiasi dei suoi bisogni di sopravvivenza, ivi inclusi i bisogni sociali. E il grandissimo numero di individui alienati, privi di senso di identità e isolati che ci circonda costituisce ampia prova che questa incapacità può verificarsi facilmente" (Perls, 1977). Anche Aaron T. Beck, uno dei principali teorici delle terapie cognitive, dice: "Il pessimismo spazza il pensiero del paziente depresso con la forza di un'onda oceanica…I pazienti depressi hanno una particolare inclinazione ad aspettarsi avversità future e a viverle come se accadessero nel presente o fossero già accadute. Per esempio un uomo che aveva subito un lieve rovescio in affari, cominciò subito a pensare ad una bancarotta. Via via che sviluppava il tema della bancarotta, cominciò a considerarsi già fallito. Di conseguenza, cominciò ad esser triste proprio come se fosse davvero andato in bancarotta" (Beck, 1984).
Infine Goleman sottolinea così questo aspetto: "Essere ottimista, come pure essere inclini alla speranza, significa nutrire forti aspettative che, in generale, gli eventi della vita volgeranno al meglio nonostante i fallimenti e le frustrazioni. Dal punto di vista dell'intelligenza emotiva, l'ottimismo è un atteggiamento che impedisce all'individuo di sprofondare nell'apatia o nella depressione e di scivolare nella disperazione di fronte a situazioni difficili" (Goleman, 1996). Una cosa molto importante che sicuramente si può imparare a fare è cercare di dare alle situazioni la spiegazione più neutrale possibile, cercando di osservare ciò che è dovuto ad una nostra "proiezione" e ciò che invece corrisponde di più a canoni di oggettività, possono essere utili a questo proposito i concetti di "mappa" (l''idea che ci siamo fatti di una cosa) e "territorio" (ciò che veramente è quella cosa).
La maggior parte dei soggetti che non soffrono di patologie gravi sperimentano nelle prime sedute sensazioni molto intense, piacevoli, o solo leggermente dolorose. Queste possono riguardare formicolii, tremori, l'irrigidimento o paralisi degli arti.
Altri soggetti, magari più nervosi o che hanno subito traumi, possono invece avere reazioni emotive molto intense come pianto, urla, grida, rabbia ecc. Molto interessante è il fatto che l'affiorare delle emozioni rimosse coincide con la scomparsa dell'irrigidimento o la paralisi precedente degli arti, poiché ciò porterebbe a pensare che alla base di queste esperienze vi sia un eccessivo autocontrollo emozionale, e le parestesie in quanto tali non siano dovute alla sola iperventilazione (quest'ultima, infatti, secondo le teorie mediche, è la causa della tetania attraverso il processo di alcalosi sanguigna).
In molte occasioni è possibile vedere individui che passano dal riso al pianto o viceversa. Nella maggior parte dei soggetti, si registra la scomparsa delle sensazioni sgradevoli nelle prime sedute, per lasciare poi il posto a sensazioni via via sempre più gradevoli. Per quanto riguarda le applicazioni terapeutiche, il rebirthing può essere utile in un vasto campo, e soprattutto in quelle manifestazioni in cui è il respiro è la componente centrale, come ad esempio ansia, attacchi di panico e asma. Studi controllati svolti presso il reparto di pneumonologia dell'ospedale Monaldi di Napoli da A. De Falco e A. De Luca mostrano miglioramenti significativi in disturbi come asma bronchiale, pertosse, rinite ed enfisema (De Luca, 1995).
Ultimamente, all'ospedale San Raffaele di Milano, il professor Battaglia dopo dieci anni di ricerche ha trovato una relazione tra attacchi di panico e respiro. Si vede come i soggetti che soffrono di attacchi di panico sono ipersensibili all'eccesso di anidride carbonica. Afferma ancora Falzoni: "Non si tiene conto di molti fattori come il fatto che l'eccesso di anidride carbonica dovuta ad una cattiva respirazione è spesso associata ad emozioni trattenute e a blocchi energetici; inoltre non sono neppure approfonditi i meccanismi dell'iperventilazione, che nelle sue prime fasi ad esempio provoca un aumento dell'anidride carbonica e successivamente un suo abbassamento" (da un articolo sui DAP tratto dal sito internet dell'A.R.A.T, l'associazione del rebirthing ad approccio transpersonale).
Molto interessante è quindi l'applicazione del rebirthing riguardo questo disturbo. Attraverso le discussioni del corso didattico da me frequentato molti colleghi "rebirthers" hanno più volte testimoniato dei buoni risultati raggiunti con questa tecnica quando applicata a persone sofferenti di attacchi di panico, lo stesso dottor Falzoni riferisce ottimi risultati, tanto che in alcuni casi già dopo la prima seduta la persona ha dei miglioramenti evidenti. Questo sembra dovuto al fatto che la persona durante la seduta sperimenta fenomeni simili, ma è preparato ad affrontarli in modo opportuno, rassicurato sul fatto che non sono pericolosi, e tranquillizzati dal contesto terapeutico in cui è presente una persona vicina che è pronta a dare un significato a ciò che accade per favorire un'elaborazione cosciente dei vissuti emergenti. Ricordiamo, infatti, che gli attacchi di panico sembra siano anche dovuti a una ipersensibilizzazione del locus ceruleus, soprattutto a causa dell'evitamento di determinate situazioni, che porta a un certo punto delle scariche adrenergiche quando superano una determinata soglia.
Il rebirthing può essere altresì utile nei casi di tossicodipendenza, è praticato infatti all'interno del programma di riabilitazione per tossicodipendenti, con buoni risultati, in una comunità in provincia di Vicenza, la "Cà delle ore" di Breganze. Il modello di intervento è denominato "Progetto Sankalpa" ed è guidato dal frate francescano Padre Ireneo Forgiarini. Falzoni riferisce che esiste ancora un monastero ai confini tra la Thailandia e la Corea, centro di ricerca interiore e di terapia, che utilizza la respirazione anche per la cura dei tossicodipendenti, pare con eccellenti risultati (Falzoni, 1992), e lui stesso dice di aver ottenuto ottimi risultati con pazienti tossicodipendenti.
Molto interessanti a questo proposito sono le ricerche di C. Tart e S. Grof sugli stati alterati di coscienza. Specie quest'ultimo per molto tempo ha usato LSD (nel 1956 fu uno dei primi soggetti da esperimento per questa droga) come dilatatore di coscienza, su se stesso e poi con numerosi pazienti, dice infatti "Mi sembrò che l'analisi, abbinata allo LSD, avrebbe potuto approfondire, intensificare ed accelerare il processo terapeutico" (Grof, 1993), per poi passare ad usare una tecnica di respirazione (che lui chiama "respirazione olotropica") i cui elementi base sono quelli del rebirthing, affermando di riuscire ad ottenere altrettanti stati profondi di coscienza, raccogliendo materiale da oltre ventimila sedute di respirazione con persone provenienti da diversi paesi e da diversa estrazione sociale. Ecco cosa dice riguardo al materiale che emerge durante le sedute: "…Ricorrendo agli stati non ordinari, raggiunti per esempio con la respirazione olotropica, fin dalle primissime sedute spesso comincia a venire a galla importante materiale biografico che si riferisce ai primissimi anni di vita. Di conseguenza, le persone non solo hanno accesso ai ricordi che risalgono al periodo neonatale o alla prima infanzia, ma spesso entrano in connessione in maniera molto vivida con la propria nascita e con la permanenza intrauterina o addirittura cominciano ad avventurarsi in campi di esperienza che vanno ben oltre" (Grof, 1993).
Stanislav Grof (1996).inizialmente usava LSD in terapia, poi cominciò anche ad usare tecniche di respirazione che danno stati alterati di coscienza, abbinate a forme di lavoro sul corpo, ed accompagnate dall'utilizzo di determinati sottofondi musicali. Il suo metodo, chiamato "Holotropic Breathwork" o "respirazione olotropica".
Grof sostiene che: "Gli effetti straordinari e spesso drammatici della terapia psichedelica e di altre metodiche esperienziali sollevano automaticamente la questione dei meccanismi terapeutici implicati in tali cambiamenti. Anche se la dinamica di alcune forti trasformazioni sintomatiche e della personalità osservate dopo le sedute esperienziali può essere spiegata con argomentazioni convenzionali, la maggior parte di esse comprende processi non ancora scoperti né riconosciuti dalla psichiatria e psicologia accademiche tradizionali. Questo non significa che i fenomeni di questo genere non siano mai stati incontrati o discussi in precedenza. Si ritrovano nelle descrizioni di pratiche sciamaniche, riti di passaggio, cerimonie di guarigione di varie culture aborigene nella letteratura antropologica…tuttavia questo tipo di letteratura non è mai stata studiata seriamente per la sua manifesta incompatibilità con i paradigmi scientifici correnti. Il materiale accumulato negli ultimi decenni della ricerca sulla coscienza indica con insistenza che i dati di questo genere andrebbero riesaminati in modo critico. Esistono ovviamente molti meccanismi estremamente efficaci di guarigione e di trasformazione della personalità che vanno ben oltre le manipolazioni biografiche della psicoterapia corrente" (Grof, 1997).
Sostiene ancora Grof: " L'obiettivo principale delle tecniche impiegate nella psicoterapia esperienziale è attivare l'inconscio, sbloccare l'energia imbrigliata nei sintomi emotivi e psicosomatici, e convertire l'equilibrio energetico stazionario in un flusso esperienziale (Grof 1997).
Grof afferma inoltre di aver raccolto numerosi dati riguardanti le potenzialità del respiro in ambito terapeutico, la sua documentazione riguarda oltre 20.000 sedute con tecniche di respirazione (e circa 4.000 con gli psichedelici): "Solo negli ultimi decenni, i terapeuti occidentali hanno riscoperto il potenziale curativo del respiro, sviluppando tecniche che lo utilizzano. Nel contesto dei nostri seminari di un mese presso l'Esalen institute a Big Sur, in California, noi stessi abbiamo sperimentato vari approcci che implicavano la respirazione. Vi erano inclusi sia esercizi di respirazione tratti dalle antiche tradizioni spirituali, con la guida di maestri indiani e tibetani, sia tecniche sviluppate da terapeuti occidentali. Ciascun approccio ha un rilievo particolare e usa il respiro in maniera diversa. Nella nostra ricerca di un metodo efficace per usare il potenziale terapeutico della respirazione, abbiamo cercato di semplificare al massimo il processo. Siamo arrivati alla conclusione che è sufficiente respirare più velocemente e più profondamente del solito, con una concentrazione totale sul processo interiore. Invece di porre l'accento sulla tecnica respiratoria specifica, persino in quest'area seguiamo la strategia generale del lavoro olotropico: avere fiducia nella saggezza intrinseca del corpo e seguire le indicazioni interiori. Nella respirazione olotropica, incoraggiamo le persone a cominciare la seduta respirando in maniera più accelerata i più piena, unendo l'inalazione e l'esalazione in un circolo continuo. Una volta che ciascuno è entrato nel processo, trova il proprio ritmo e il proprio modo di respirare. Grazie a questo metodo siamo stati in grado di confermare ripetutamente le osservazioni di Wilhelm Reich: le resistenze e le difese psicologiche sono effettivamente associate ad una respirazione limitata. La respirazione è una funzione autonoma, che tuttavia può essere influenzata dalla volontà. L'incremento deliberato del ritmo respiratorio scioglie le difese psicologiche e porta alla liberazione e all'emergenza di materiale inconscio (e superconscio). Se non si è visto o sperimentato il processo di persona, e difficile credere soltanto su base teorica al potere e all'efficacia di questa tecnica" (Grof, 2001).
Egli spiega poi quali sono i meccanismi attraverso cui agisce la tecnica: " Le manifestazioni fisiche che si sviluppano in varie parti del corpo, durante la respirazione, non sono semplici reazioni fisiologiche all'iperventilazione. Hanno una complessa struttura psicosomatica, e di solito contengono un significato psicologico specifico per ciascun individuo…Le tensioni che abbiamo nel nostro corpo possono essere liberate in due modi diversi. Il primo implica la catarsi e l'abreazione, cioè lo scaricamento (attraverso tremori, spasmi, movimenti del corpo, colpi di tosse, strilli, vomito) delle energie fisiche bloccate. Questi meccanismi sono ben conosciuti dalla psichiatria ufficiale, sin dai tempi in cui Sigmund Freud e Joseph Breuer hanno pubblicato i loro studi sull'isteria. Varie tecniche di abreazione sono state impiegate dalla psichiatria convenzionale per curare nevrosi emotive traumatiche; inoltre, l'abreazione è una parte integrante delle nuove psicoterapie esperienziali, come il lavoro neoreichiano, la pratica Gestalt e la primal therapy. Il secondo meccanismo, che riesce a mediare il rilascio delle tensioni fisiche ed emotive, esercita un ruolo importante nella respirazione olotropica, nel rebirthing e in altre forme di terapia che si servono delle tecniche respiratorie. Esso rappresenta un nuovo sviluppo della psichiatria e della psicoterapia, e sembra essere più efficace e interessante per molti motivi. Qui, le tensioni profonde affiorano sotto l'aspetto di contrazioni muscolari transitorie di varia durata. Mantenendo le tensioni muscolari per un tempo prolungato, l'organismo consuma enormi quantità di energia precedentemente repressa. Attraverso questo consumo, e dunque l'eliminazione di tale energia bloccata, l'organismo semplifica il proprio funzionamento. Il profondo rilassamento che solitamente segue l'intensificazione temporanea delle vecchie pensioni, o la comparsa di tensioni prima nascoste, é la prova della natura terapeutica di questo processo" (Grof, 2001).

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