Sembra essere un atteggiamento appreso e trasferito dal suo modo di succhiare. Il bimbo apprende ad essere deluso e abbandonato, sentendo fame non solo di cibo, ma anche di aria. Questa esperienza di insoddisfazione che lo lascia svuotato e scarico è assimilata al flusso del latte materno, che è un flusso che non può gestire.
Quando ciò è trasportato nell'atto respiratorio, significa che tale persona si sente denutrita di aria, ha paura di trattenerla all'interno di sé e di mandarla giù.
Quando lavoro sull'inibizione a respirare della gente che evidenzia questo problema, trovo di grande aiuto porre le mie mani a coppa su ciascuno lato del collo. Il sovraccarico aiuta così a farvi fluire l'aria. Nel momento in cui una persona inizia ad aprirsi ad un flusso d'aria più energico e ad esserne più desideroso, posso talvolta percepire il flusso di energia riempire il collo, proprio come può accadere in una pianta, che raggiunge il turgore quando viene innaffiata.
La propensione orale a succhiare nutrimento dal prossimo, o da surrogati, è corredata da varie aggiunte; discende dal rifiuto di lasciar entrare nutrimento dall'aria e dall'incapacità di lasciarsi abituare all'ossigeno.
«Ogni disturbo nella funzione di succhiare», scrive Lowen, «manifesterà una immediata ripercussione sulla funzione della respirazione».