Fra pochi giorni uscirà il film "Agorà" del regista cileno Alejandro Amenàbar ("The Others" e "Mare dentro") ispirato alla vita della scienziata e filosofa Ipazia di Alessandria. Sulla vita di Ipazia è anche uscito un romanzo storico molto dettagliato: "Ipazia, vita e sogni di una scienziata del IV secolo".
Ipazia era la responsabile della biblioteca di Alessandria, la più grande dell'antichità con i suoi circa 700.000 libri, una biblioteca dove ogni uomo, non solo gli studiosi, poteva entrare. Oggi ci sembra una cosa scontata, ma all'epoca non lo era affatto.
La storia ci narra di come Ambrogio, vescovo di Milano, oltre ad aver ispirato all'imperatore gli editti che, uno dopo l'altro, proibivano tutti i culti che non fossero quello cristiano, ordinò, cosa che ignoravo completamente (e non penso di essere l'unico) la distruzione delle biblioteche, ritenute un pericolo con il sapere da esse custodito.
Nella lotta per la conquista del potere (sotto forma di influenza assoluta sulle istituzioni), il vescovo Cirillo di Alessandria iniziò a predicare giornalmente contro Ipazia, una donna colpevole di dedicarsi allo studio più che alla famiglia.
Sulla scia di tali prediche, dopo aver generato un clima fortemente ostile, un gruppo di monaci parabolani (una sorta di milizia privata del vescovo) rapirono Ipazia, la portarono all'interno della cattedrale dove fu denudata, le furono cavati gli occhi e fu poi fatta a pezzi dai parabolani con delle conchiglie affilate. I suoi pezzi furono portati attraverso la città dentro dei sacchi di iuta, fino al luogo dove venivano bruciate le immondizie. E lì anche i suoi poveri resti vennero bruciati al grido di «immondizia». Era l'8 marzo del 415 dc.
In seguito, nella città di Alessandria si aprì un periodo di persecuzioni contro la popolazione pagana, gli ebrei ed ogni altra confessione religiosa che non fosse quella cristiana. I discepoli di Ipazia furono eliminati.
Vi consiglio di vedere il film, che si preannuncia molto ben realizzato, ma anche e soprattutto di leggere il libro, in quanto il regista ha un po' "addolcito" alcuni aspetti della storia, forse per evitare eccessivi problemi. Nell'intervista si scopre, infatti, che negli Stati Uniti un vescovo ha chiesto la proibizione alla trasmissione del film in tutto il mondo.
È una storia degna di essere letta, di essere vista, perché abbiamo rimosso molto dolore e sopraffazione pensando, in nome di un dio, di essere migliori di altri e che questo ci autorizzasse ad ogni sopruso¹.
Adriano Petta e
Antonino Colavito
Ipazia:
vita e sogni di una scienziata del IV secolo