Il danno

Il danno
Non è l'elogio della passione, lo scopo del romanzo, o almeno non è quello che più mi ha colpito. Il protagonista si sente vivo semplicemente perché ha sempre represso ogni espressione emotiva della sua vita e, ad un certo punto, ha rotto gli argini. Quello che il libro ci offre in maniera splendida è lo spaccato psicologico dei personaggi, che è veramente intenso.

Questo solo passo vale il libro:

"Il nostro equilibrio mentale dipende essenzialmente dalla nostra ristrettezza di vedute: la capacità di selezionare gli elementi decisivi per la sopravvivenza, mentre si ignorano le grandi verità. Così vive l'individuo la sua vita quotidiana, senza prestare l'attenzione dovuta al fatto che non ha alcuna garanzia del domani. Egli cela a se stesso la consapevolezza che la sua vita è un'esperienza unica che si concluderà nella tomba; che a ogni secondo cominciano e finiscono vite uniche come la sua. Questa cecità consente la trasmissione di un certo modello di vita, e tra quelli che lo mettono in dubbio pochi sopravvivono. A ragione. Tutte le leggi della vita e della società apparirebbero irrilevanti, se ogni uomo si concentrasse quotidianamente sulla realtà della propria morte."

Nei prossimi giorni, ne abbandonerò una copia nella metropolitana di Milano, sperando che chi lo troverà possa provare lo stesso piacere nel leggerlo che ho provato io.

Josephine HartIl danno

 

 

Il danno

 

 

I Canguri/Feltrinelli

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