Tra giusto e sbagliato

Tra giusto e sbagliato
Sabato mattina, intorno alle sei, il mio gatto Lin Chi è saltato sul letto ed io mi sono svegliato si colpo. Uno strano silenzio nell'aria, diverso dal solito, mi ha fatto trasalire. Mi sono alzato di scatto e, girando per la casa, il fatto che tutto fosse in ordine (la micia malata sporcava in giro) mi ha preoccupato ancora di più.
Poi sono entrato in sala e, dopo qualche istante, ho vista Elsa stesa sotto un tavolinetto in un angolo. Era immobile… mi sono steso e l'ho toccata: era fredda come il marmo. Poi, scuotendola, ha emesso un miagolio e poi ho visto le sue zampe contrarsi a scatti. Malata da tempo e di una malattia non reversibile, ero preparato al fatto che se ne sarebbe andata. La sera prima accarezzandola le avevo sussurrato che, se voleva andarsene, non l'avrei trattenuta, ma la mattina, vedendola in quello stato, in me è scattato il dubbio fra il lasciarla andare standole al fianco o portarla al pronto soocrso veterinario. La scelta mi riusciva difficile, ma un attimo dopo ero in auto, a portarla in clinica veterinaria. Mi fermo qui con il racconto degli ultimi giorni di Elsa perché, come vi ho detto prima, questa micina mi ha ispirato delle riflessioni che sono aldilà della sua storia.

In quei momenti, di fronte al dolore di un essere vivente, mi sono trovato a dover fare una scelta, come ho detto, fra il lasciarla morire in pace o cercare di salvarla. So che, alle persone che leggeranno, verrà naturale di scegliere una delle due possibilità, però vi invito ada andare oltre: qualunque sia la vostra posizione non è questo di cui voglio parlarvi.
Quello di cui mi sono reso conto con la carne oltre che con la testa, era quanto fosse pesante questo dubbio: qual è la scelta giusta? Come non sbagliare?
Ci troviamo di fronte al diverbio del come non sbagliare mille volte nella nostra vita, ma in certi casi in cui la posta in gioco è alta, sentiamo più pressante il peso della scelta.
Qualche ora dopo averla portata al pronto soccorso veterinario, ancora incerto sul suo futuro, mi sono reso conto con chiarezza che, quasi sempre, non sappiamo che cosa è giusto fare perché non abbiamo abbastanza informazioni per saperlo e, cosa ancora più dura da accettare, è che spesso non sappiamo neanche dopo se quello che abbiamo fatto sia giusto o no.
Dopo aver preso delle decisioni dure, a volte gli amici, i familiari, o noi stessi, diciamo: «Hai fatta la cosa giusta! Hai presa la decisione giusta!» oppure il contrario, ma in realtà non possiamo saperlo nella maggior parte dei casi. Chi mi dice che fosse giusto portare la gatta al pronto soccorso? È sopravvissuta inqualche modo due giorni per poi spegnersi come un cerino, ma chi può dire che non fosse giusto provare? Chi poteva sapere come sarebbero andate realmente le cose?
Ecco, il fatto di non sapere quale sia la scelta migliore eppure scegliere è ciò che mi ha colpito profondamente. L'ansia, il dubbio, lo sconforto ci prendono perché non sappiamo quali saranno le conseguenze della nostra scelta, eppure dobbiamo farla una scelta.

Il fatto di scegliere senza certezza è il segno della maturità, del passaggio da uno stato di atteggiamento adolescenziale all'essere diventati adulti: si sceglie portando nel cuore l'incertezza ed assumendosi la responsabilità della nostra scelta, perché non scegliere sarebbe peggio di qualunque altra cosa.

E una volta scelto… affrontare il peso, o la gioia, della nostra scelta.

EVENTI

Antonio Franco | Breath Trainer & Counselor
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