La Relazione d’Aiuto come pratica Spirituale

Il counseling, per come lo vediamo noi, non è semplicemente una relazione di aiuto (semmai sarebbe di auto-aiuto), è un modo di essere e vivere secondo gli ideali, i principi e le tecniche del counseling.È quindi una "pratica" e il counselor un "praticante". Secondo le antiche Scuole, lo stato normale degli uomini, dovrebbe essere la saggezza. La saggezza è la capacità di vedere le cose come sono e non come appaiono. (Questa visione è illuminata dalla luce della ragionevolezza).Nelle antiche scuole praticare la filo-sophia è il tentativo di essere e di vivere secondo saggezza. In questo senso, secondo noi il counseling è una pratica filo-sophica. La saggezza non è una meta ideale, è un continuo divenire, sintesi incessante del confronto fra l'ideale e la "realtà". Il Saggio sa che questa sintesi non si potrà mai realizzare definitivamente. Il saggio sa che la saggezza è uno stato irrealizzabile, e in questo sta la sua saggezza: uno stato di conciliazione, di equilibrio dinamico tra la vita che vorrebbe vivere nel suo spirito e la realtà della sua vita quotidiana nella materia. (secondo i buddhisti tibetani, imparare la retta visione, la visione dell'autenticità, è un indispensabile training per poter riconoscere le paure del Bardo come proprie proiezioni. Il problema del bardo è dato dall'idea di un attaccamento a un corpo, a un'identità, a un'appartenenza a una proprietà, fondamentalmente un Ego.

La serenità nel Bardo sta nella capacità di distacco, di lasciarsi andare e di lasciare andare. Essendo il bardo uno stato di ricettività extrasensoriale i viventi possono fare molto per il trapassato praticando anche loro la retta visione: l'amorevole distacco. Che in occidente chiamiamo amore incondizionato). Lo scopo della pratica del counseling, a nostro avviso, è quello di togliere i veli delle proiezioni degli attaccamenti egoici, prendersi cura delle relazioni per poter prendersi cura della serenità dell'anima. In questo senso il counseling dell'anima è una pratica spirituale, sempre a nostro avviso. La pre-occupazione (non nel senso del preoccuparsi per i casini, ma nel senso di occuparsene prima che ci scoppino fra le gambe) delle relazioni in cui l'anima vive, sente, ama, conosce ed evolve, o si smarrisce in questo mondo (e nell'altro) , misura il sentimento della grandezza e della serietà di ogni esistenza. Lo scopo della pratica filo-sophica è la ricerca della pace interiore, la pace dello spirito è data quando siamo in pace con le nostre relazioni e le nostre relazioni sono in pace con noi. La relazione è il campo dell'anima, il counseling come pratica filo-sophica dissoda, pulisce, semina, irriga questo campo aiutando a germogliare, nella relazione, i semi della saggezza.

 

L'evoluzione verso lo stato ideale della relazione saggia, con se stessi, con gli altri, con il mondo e con Dio è sottomessa a una "pratica", una "igiene" della ragione che è, per l'anima, analoga all'allenamento di un'atleta.

 

In estrema sintesi gli esercizi di questa pratica e la formazione ad essa, consistono soprattutto nell'acquisizione del controllo di sé e nella meditazione dell'inaspettato. Il controllo di sé è fondamentalmente attenzione a se stessi: vi­gilanza e rinuncia a desiderare il "superfluo" e ciò che non dipende da noi per concentrarsi sull'essenziale e su ciò che dipende da noi. Implica uno sforzo di volontà. Non però una volontà dello sforzo, quanto una volontà saggia basata sulla fede nella fondamentale libertà di scegliere per la propria vita, nella possibilità di liberare se stessi e il proprio mondo.

 

L'"attenzione a se stesso", è una tecnica delle Antiche scuole, ripresa dai Terapeuti di Alessandria e dai padri (abba) e dalle madri (amma) del deserto egiziano. Il fare attenzione a se stessi si basa sulla pratica dell'esame di coscienza, finalizzato al controllo della reattività, della curiosità banale, al controllo del pensiero e della parola, al controllo della brama di possesso e della vanagloria. Si comincia esercitandosi nelle cose più facili per acquistare a poco a poco un'abitudine stabile e solida. Si tratta di osservare con attenzione i codici e le convenzioni del mondo in cui viviamo, cercare, nei limiti del possibile, di tutelare l'equilibrio della relazione evitando di venir sopraffatti da questi codici e convenzioni. Questo è possibile se la relazione viene intesa come un tendere insieme alla pace e all'evoluzione dell'anima. Pace che viene garantita dalla congruenza fra i principi del pensiero, della parola e dell'azione.

 

Si tratta di sapere cosa si pensa, dire quello che si pensa e fare quello che si dice. Fondamentale è perciò saper pensare. "D'ora in poi, la materia su cui devo lavorare è il pensiero, proprio come quella del falegname è il legno, quella del calzolaio il cuoio" (Epitteto). La meditazione sull'inaspettato è soprattutto l'«esercizio» della ragionevolezza. Gli esercizi riguardano l'apprendere la a capacità di lasciar andare il passato e di non anticipare il futuro. La meditazione dell'inaspettato permette all'attenzione di concentrarsi sul qui ed ora, per poter per goderne in piena coscienza.

 

Come diceva quel tale alla filo-sophia non è estraneo alcun divertimento. La meditazione dell'inaspettato porta la coscienza alla consapevolezza della finitudine dell'esperienza, questa consapevolezza conferisce un valore infinito a ogni istante. «Supponi che ogni giorno che brilla sia per te l'ultimo; sarà allora con gratitudine che riceverai ogni ora insperata» (Epicuro). La meditazione sulla fine dell'esperienza porta a scoprirne il fine. La scoperta del valore dell'istante presente è l'approdo fondamentale nella meditazione dell' inaspettato. La lucida anticipazione della fine conferisce autenticità all'esistenza presente.

 

Vivere autenticamente nell'istante presente conferisce significato e senso alle scelte della vita. Questo permette di vivere consapevolmente le proprie relazioni e non semplicemente subirle. Questo consapevolezza si realizza come una con-versione (dalla relazione vissuta come re-azione all'altro o azione sull'altro, alla vita che si apre a sé e all'altro) e rende possibile la scoperta della propria libertà di evolvere liberi dalla preoccupazione del passato e dall'ansia del futuro, è il consenso al momento che ci è portato dalla vita, è come una dis-tensione, la semplice gioia di essere presenti che si può riassumere in questa formula: "Tu non hai bisogno che di te stesso, per collocarti immediatamente nella pace interiore, rinunciando ad angustiarti per il passato e per il futuro. Tu puoi essere felice ora, o altrimenti non lo sarai mai". "Ora il mio spi­rito non guarda né avanti né indietro; solo il presente è la nostra felicità" (Goethe). Nella filo-sophia del counseling il sapere non è considerato un valore in sé, acquista valore quando si sottomette alla disciplina della pratica. La sapienza astratta non è considerata come vera conoscenza: «La contemplazione beatificante non consiste di un'accumulazione di ragionamenti né di una massa di conoscenze apprese, ma occorre che la teoria divenga in noi natura e vita» ( Porfirio).

 

LA PRATICA SPIRITUALE DEL COUNSELING DELL'ANIMA

«Fare il proprio volo ogni giorno! Almeno un momento che può essere breve, purché sia intenso. Ogni giorno un "esercizio spirituale", da solo o in compagnia di una persona che vuole parimenti migliorare. La pratica spirituale: uscire dalla durata. Sforzarsi di spogliarsi delle proprie passioni, delle vanità, del desiderio di rumore intorno al proprio nome. Fuggire la maldicenza. Deporre la pietà e l'odio. Amare tutti gli uomini liberi. Eternarsi superandosi.

 

Questo sforzo su di sé è necessario, questa ambizione giusta. Per preparare la rivoluzione è necessario rendersene degni" (Georges Friedmann). L'espressione "pratica spirituale" va trattata con sospetto, non del tutto a torto la coscienza "moderna", considera la parola spirituale antiquata e banale. Ma in tutti questi anni di ricerca e di pratica non siamo riusciti a trova un'espressione migliore per descrivere ciò che facciamo. Nessun'altra espressione è riuscita a spiegarcelo, "pratica psichica"? Non scherziamo. "pratica morale"?, non se ne parla. Si potrebbe parlare di "igiene del pensiero", poiché in questo percorso, il pensiero fa di se stesso la propria materia di riflessione, e cerca di modificare se stesso.

 

Ma la parola "pensiero" non specifica abbastanza il fatto che l'immaginazione e la sensibilità intervenga­no in questa pratica in modo essenziale. Non si può neanche solo definire "pratica etica", sebbene tale pratica contribuisca fortemente alla terapia delle passioni e si riferisca alla condotta della vita. In realtà la pratica del counseling dell'anima corrisponde a una trasformazione della visione del mondo e a una metamorfosi della per­sona. La parola "spirituale" esplicita che questa pratica coinvolge non solo il pensiero, ma tutta l'anima dell'individuo, e quindi tutti i livelli delle sue relazioni, e svela le vere ambizioni di questa pratica: elevarsi alla vita dello Spirito, ossia collocarsi nella prospettiva del Tutto («eternarsi superan­dosi»).

Loris

 

 

 

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