Invito a Hume

DAVID HUME

Vita e scritti:

Nacque il 26 aprile del 1711 a Edimburgo dove compì studi di giurisprudenza. Si trasferì in Francia dove soggiornò dal 1734 al 1737 per proseguire i suoi studi. Qui compose la sua prima opera il "Trattato sulla natura umana" pubblicato nel 1738 senza successo. Tornato in Inghilterra pubblicò nel 1742 la prima parte dei suoi "Saggi morali e politici" che furono invece accolti con favore. Tra il 1745 e il 1748 ricoprì diversi incarichi politici. A Torino dove si trovava per il suo lavoro uscirono le "Ricerche sull'intelletto umano", una rielaborazione in forma più semplice della prima parte del Trattato. Nel 1752 ottenne un posto di bibliotecario a Edimburgo e diede inizio alla compilazione di una Storia d'Inghilterra. Nello stesso anno uscirono "Le ricerche sulla morale", rielaborazione della seconda parte del Trattato. Nel 1757 fu la volta della "Storia naturale della religione", prima aveva composto i "Dialoghi sulla religione", che però furono pubblicati postumi. Nel 1763 ricoprì un incarico a Parigi, città nella quale restò fino al 1766 e dove ebbe fruttuose frequentazioni con la società intellettuale dell'epoca. Al suo ritorno in Inghilterra ospitò J. J. Rousseau, ma ben presto, a causa del pessimo carattere di costui, l'amicizia si guastò. Dal 1769, raggiunta l'agiatezza, condusse l'esistenza del benestante inglese. Morì nella sua città natale il 25 agosto del 1776. Prima della morte compose una breve autobiografia. L'opera principale di Hume è il "Trattato sulla natura umana", nelle "Ricerche sull'intelletto umano" e nelle "Ricerche sulla morale" ha riformulato in modo più sintetico e chiaro le tesi fondamentali di quella sua prima opera.

La natura umana e il suo limite:

L'interesse prevalente dell'indagine filosofica di Hume è la natura umana, egli stesso se ne definisce filosofo. Poiché tutte le altre scienze sono in vari modi legate alla natura umana, partendo da questa la ricerca filosofica potrà procedere nello studio di esse.
La natura umana è costituita essenzialmente di sentimento e istinto più che di ragione, ma la ragione indagatrice è, a sua volta, una sorta di istinto che conduce l'uomo ad accertarsi di ciò che vede e crede. Quando la ragione scopre che le cose credute verità oggettive sono invece soggettive, e derivate dall'istinto e dall'abitudine, sorge inevitabilmente fra ragione e istinto, un conflitto che può essere però sanato riconoscendo che la ragione, nella sua natura dubitatrice e indagatrice, è essa stessa una manifestazione istintuale dell'uomo. La filosofia che distrugge e smentisce la credenze dell'istinto, è essa stessa un istinto indistruttibile in quanto facente parte della natura umana. L'attitudine critica della ragione ed ogni agire dell'uomo viene da Hume radicato nella natura umana, tutta la sua opera sarà tesa a dimostrare questo principio. Hume non si è limitato alla confutazione dei dogmi, ma ha tentato di spiegare perché la mente umana è portata a dogmatizzare e su questa analisi ha costruito la sua dottrina dell'esperienza soggettiva. Hume ha sottoposto a severa critica i concetti chiave della metafisica tradizionale, quelli di sostanza e di causa, e ha ricondotto la validità dell'etica e della politica ad esigenze umane, scalzandole dai loro presupposti metafisici. Ma soprattutto ha ristretto le possibilità di conoscenza della ragione all'ambito del probabile. Il solo settore nel quale l'uomo può avere la certezza della dimostrazione è quello astratto o formale, quello della quantità e del numero, dove non vi sono riferimenti alle cose reali. La pretesa di estendere la dimostrazione ad altri settori gli sembra assurda e impossibile. La filosofia di Hume, tuttavia, non è puramente negativa e distruttiva, anche se la ragione non può giungere a conclusioni certe, ma solo probabili, essa resta comunque la sola guida possibile dell'uomo.

Impressioni e idee:

Tutte le percezioni umane si dividono per Hume in impressioni e idee. Le prime sono tutte le sensazioni, passioni ed emozioni che proviamo quando vediamo, ascoltiamo, desideriamo,ecc. Le seconde, invece, sono le immagini attenuate delle impressioni. Un'impressione è per esempio il dolore provocato da una bruciatura, invece l'idea corrispondente è il ricordo di quel dolore. Ogni idea ha origine nella sua corrispondente impressione e nessuna idea può nascere se non da un'impressione. L'uomo può combinare illimitatamente le idee semplici fra loro, generandone di complesse, ma non potrà mai pensare a nulla di nuovo: possiamo immaginare un cavallo alato senza averne mai visto uno, ma i componenti di questa idea trovano origine in impressioni già vissute.
I soli mezzi per capire la realtà del mondo sono per Hume le impressioni, le idee e i rapporti che queste hanno tra loro; ogni realtà si risolve nelle connessioni fra impressioni e idee. Con questi elementi è evidente che non si può fondare la realtà che si esamina e lo sfociare nello scetticismo è inevitabile. Hume nega l'esistenza delle idee astratte: non ci sono idee che non abbiano caratteristiche proprie, per es. un triangolo che sia triangolo e basta, e non scaleno o isoscele o equilatero.
L'uso di una idea come segno per altre idee viene spiegata da Hume con l'abitudine. Quando troviamo una certa somiglianza tra alcune idee che hanno anche certe differenze, per es. i triangoli, noi usiamo lo stesso nome per indicarle e prendiamo l'abitudine di considerarle unite fra loro. La parola uomo richiamerà in noi l'abitudine di considerare insieme tutti gli uomini perché simili fra loro, e quindi l'idea di un uomo in particolare.
La parte più importante del Trattato è quella che porta il titolo "Della conoscenza e della probabilità". Hume con probabilità intende la conoscenza incerta, quella che si ottiene da dati empirici attraverso inferenze di tipo non dimostrativo. Quel tipo di conoscenza cioè che riguarda il futuro. L'indagine sulla conoscenza probabile porterà Hume a conclusioni di tipo scettico.

Le connessioni tra le idee:

Le idee che formano il nostro mondo empirico si presentano dotate di una certa regolarità, ciò è dovuto ai principi grazie ai quali esse si connettono fra loro.

Hume conta sette tipi di relazioni filosofiche:

• somiglianza,
• identità
• relazione di spazio e di tempo
• proporzione di quantità e di numero
• grado della qualità
• contrarietà
• causalità.
A loro volta questi tipi di relazione si suddividono in due categorie: quelli che dipendono solo dalle idee e quelli che posso essere mutati senza alcun cambiamento nelle idee. Alla prima categoria appartengono: somiglianza, contrarietà, grado delle qualità, proporzioni di quantità o di numero. Le relazioni spazio-temporali e causali fanno parte della seconda categoria. Le relazioni appartenenti alla prima categoria forniscono conoscenza certa, quella derivata dalle seconde è solo probabile. L'algebra e l'aritmetica sono scienze che ci consentono di effettuare ripetuti ragionamenti concatenati senza mai avere dubbi sulla loro verità. La geometria invece non raggiunge lo stesso grado di certezza , perché non siamo sicuri della validità dei suoi assiomi. Nelle proposizioni dell'esistenza il contrario è sempre possibile perché "ogni cosa che è, può non essere". Tutti i ragionamenti che si riferiscono alla realtà si basano sulla relazione causa-effetto, ma secondo Hume essa non può mai essere conosciuta a priori, ovvero avvalendosi del solo ragionamento, ma solo attraverso l'esperienza. Dalla semplice osservazione di un oggetto nuovo non è possibile scoprire le sue cause e i suoi effetti , per conoscerli occorre averli sperimentati. Causa ed effetto restano fatti diversi, non è detto che ognuno richiami necessariamente l'altro. Il fatto che una certa causa abbia determinato una volta un certo effetto, non significa che possa ripetersi. Nessun argomento tratto dall'esperienza può dimostrare la somiglianza del passato con il futuro, per cui è impossibile dimostrare la validità oggettiva del legame causa-effetto. Su questo però l'uomo fonda la sua vita, poiché lo crede necessario, ma in realtà questa necessità è puramente soggettiva e risiede in un principio della natura umana che Hume chiama abitudine o consuetudine. Questa induce, al ripetersi di un atto, a rinnovare lo stesso atto senza ricorrere al ragionamento. È per abitudine che crediamo che il sole sorgerà ogni giorno, è l'abitudine che ci fa prevedere l'effetti dell'acqua o del fuoco. Sull'abitudine si sorregge tutta la nostra vita quotidiana, essa ci assicura del corso costante della natura e ci consente di regolarci per il futuro. Senza di essa conosceremo solo le cose presenti alla memoria o ai sensi e non potremmo compiere nessuna azione volta ad un qualsiasi effetto. L'abitudine quindi spiega la connessione che noi attribuiamo ai fatti ma non ne fornisce una giustificazione valida. Essa può essere paragonata all'istinto degli animali, e come tali è indispensabile alla nostra vita, ma non rappresenta un principio di giustificazione filosofica. Secondo Hume un tale principio non esiste.

La credenza:

La credenza nei fatti o nella realtà è per Hume un sentimento o un istinto , ma non un atto di ragione. La conoscenza della realtà in quanto priva di necessità razionale appartiene all'ambito della probabilità e non della conoscenza scientifica. Il sentimento della realtà è tutt'uno con la vivacità e l'intensità della impressioni. Gli uomini però credono che esista un mondo esterno e che sia indipendente dalle impressioni che essi ne hanno. Il ripetersi di certe impressioni induce l'uomo a credere nell'esistenza continua della cose che sussisterebbero anche se non ci fosse più nessun essere umano a percepirle. È attraverso la riflessione filosofica che impariamo che ciò che arriva alla nostra mente sono solo immagini veicolate dai sensi, ma non vi è un rapporto immediato tra le immagini e l'oggetto. La riflessione filosofica separa dunque le percezioni soggettive e discontinue dalle cose oggettive e persistenti, in questo caso non si tratta più di istinto naturale, ma di un'ipotesi filosofica che non essendo necessaria né alla ragione, né all'immaginazione, è insostenibile. La sola realtà di cui possiamo avere certezza è quella delle nostre percezioni. Anche l'identità dell'Io, come quella delle cose, è fittizia in quanto risulta da un processo analogo da quello compiuto dall'immaginazione nei confronti di oggetti simili. Lo spirito umano, non è altro che un insieme di percezioni legate da relazioni di somiglianza e casualità.

Autori:

Anna CAMPAGNA
Monica MONTI
Lorena PANTI
Grazia TANZI

EVENTI

Antonio Franco | Breath Trainer & Counselor
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