Inside the world e l’uomo del futuro

Non ho visto tutto dall'inizio, ma ho iniziato a seguire dal momento in cui si parla di medicina migliorativa, che sta prendendo piede negli Stati Uniti. Uno degli aspetti di tale medicina è cercare di rimediare a tare o mutilazioni che colpiscono le persone. Una delle modalità di intervento passa dall'impiantare nell'uomo dei microchip che permettano delle interazioni e anche capacità superiori alla media. Gli effetti erano già stati testati attraverso l'uso di elettrodi. I risultati hanno dimostrato che il loro uso permette di modificare il tono dell'umore, i comportamenti, gli atteggiamenti compulsivi ed altri aspetti ancora. Da questi esperimenti sono derivati gli studi che hanno portato ad impiantare dei microchip nel corpo umano, anche se ci sono ancora dei problemi legati alle infezioni dovute al contatto fra materiali tecnologici e tessuti umani.
La nuova frontiera sembra essere l'impianto di un microchip al centro del cervello (già possibile e sperimentato) che sia però un vero computer, con tanto di unità di memoria, in grado di registrare l'attività cerebrale e renderla disponibile come un archivio. La tecnologia esiste già ed i ricordi possono essere memorizzati, quello che si aspetta sono memorie artificiali abbastanza piccole da potere essere installate senza problemi fisiologici. Gli scienziati pensano che il problema verrà superato in pochi anni e, a detta del commentatore della trasmissione, Google starebbe già sperimentando il modo di installare un motore di ricerca nel cervello.

"L'invecchiamento è una malattia", recita la voce di uno scienziato, quindi chi non vuole invecchiare reagirà. "Ci stiamo spostando da un'evoluzione naturale ad una pilotata dall'intelligenza". Viene da chiedersi chi piloterà l'evoluzione e con quali scopi però!
Gli esseri umani si sentono ancora parte della Natura? Secondo un altro scienziato, intervistato per fare da contraltare al precedente, questo distacco potrebbe essere la nostra rovina.
Mi è venuto in mente un passaggio del film "La grande bellezza" in cui il protagosta, Gep, ad un certo punto dice che appena compiuti sessantacinque anni si è reso conto che non aveva più tempo per fare le cose di cui non aveva voglia. Ecco, forse invecchiare aiuta anche ad inquadrare diversamente le cose, a cambiare la scala dei nostri valori, invece di inseguire l'eterna giovinezza come la mamma del protagonista del film "Brasil".

La tramissione prosegue con l'intervista ad uno scienziato inglese che, da anni, sta sperimentando su di sè l'impianto di congegni ad alta tecnologia che gli hanno permesso di aprire porte e farsi riconoscere. Chissà se queste persone si rendono conto che, oltre ad avere le porte aperte, consentono a chi controlla il sistema di essere aggiornato in tempo reale sugli spostamenti e di geolocalizzare i soggetti in modo molto più preciso che con smartphone ed oggetti simili.
Secondo quest'uomo, i cyborg (ovvero esseri umani con impianti tecnologici) potrebbero, in futuro, dominare la specie, ottenendo una vita lunghissima. Io aggiungerei che, con i problemi di sovrappopolamento del pianeta, risulta ovvio che tale 'vita lunghissima' non sarà per tutti, ma solo per un'èlite.
Il cyborg avrà modifiche comportamentali guidate, una connessione continua ed apparterrà ad una rete di cervelli pari all'attuale internet. Ma chi stabilirà i parametri di funzionamento, gli standard, gli scienziati? I politici? I militari?

L'evoluzione naturale (si fa per dire) di questa corrente di pensiero è la sperimentazione, già in fare avanzata, di un utero artificiale, dove fare sviluppare un embrione. Primo esempio di realizzazione è quello di una dottoressa cinese, Liu) che ha bloccato la sperimentazione umana dopo avere annunciato di essere riuscita a far nascere un bambino in questo modo. Il clamore suscitato dal fatto e le conseguenze etiche non hanno però bloccato il proseguimento di tali esperimenti sui topi.
Con queste pratiche è in corso, dunque, la dissociazione fra il processo riproduttivo e la sessualità. Alcuni cercano di propagandare l'evento come la vera 'parità di genere' tra uomo e donna, in quanto ogni persona, indipendentemente dal suo sesso, fornirà soltanto delle semplici cellule al processo. La dualità fra i sessi ridottqa così al semplice dualismo!
Secondo un sondaggio effettuato negli U.S.A., il 50% delle donne che utilizzano internet sarebbe d'accordo con l'utilizzo dell'utero artificiale, per evitare gli effetti della gravidanza e del parto.
Il documentario cerca di dare spazio a tutti i pareri e, subito dopo, inizia a parlare di eugenetica. Per chi non lo sapesse tale pratica, in auge agli inizi del XX° secolo, fu abbandonata a causa della cattiva fama che le fu procurata dal nazismo. Ma, in realtà, l'eugenetica non fu esclusiva della Germania hitleriana. Molti paesi del Nord Europa praticarono, ad esempio, la sterilizzazione di persone con problematiche mentali o handicap. La depressione rientrava in tale casistica! Ben trentatre stati dell'Unione hanno praticata la sterilizzazione selettiva, rivolgendola alle persone con problemi mentali, ai tossicodipendenti, agli alcolisti ed altre categorie affini. Aiuta ricordare che, presso il ministero della razza a Berlino, un intero piano era riservato a ricercatori statunitensi, che sembra abbiano utilizzato i risultati delle loro ricerche nella compilazione delle leggi sull'immigrazione del proprio paese. La fine della seconda guerra mondiale segnò una battuta di arresto per l'eugenetica, che ha recuperato terreno con l'aborto selettivo, considerato 'eugenetica morale'. Proprio su questo puntano i sostenitori del ritorno dell'eugenetica: se la scelta non viene dall'alto, ma deriva dal soggetto stesso, allora non abbiamo un abuso, ma una pratica che favorisce il miglioramento della nostra vita e di quella della nostra specie.

Un filosofo in disaccordo si chiede che ne sarà di chi sceglierà diversamente o non avrà la possibilità di scelta. Sarà svantaggiato? Ne deriverà un problema di libertà e di arbitrio per l'uomo. La discussione mi ha riportato alla mente il film "Gattaca" ed infatti il documentario prosegue proprio parlando della storia raccontata nel film, in cui le persone si sottoponevano ad uno screening del DNA ed i figli venivano programmati con determinati particolarità, non solo eliminando le possibili malattie, ma determinando quali aspetti della persona sviluppare, facendone degli sportivi, dei musicisti o altro ancora. Le persone che non accetteranno un simile metodo di 'costruzione' del figlio potrebbero essere chiamate a rispondere dei costi per le cure di eventuali malattie che la manipolazione genetica avrebbe potuto evitare. Già oggi è possibile programmare molte caratteristiche del nascituro. Solo aspetti etici frenano la pratica.

Toccante il passaggio all'intervista con Alexandre Petrucciani, figlio del grande pianista Michèl Petrucciani. Egli era un nano, afflitto da una malattia trasmissibile al figlio che, appunto, è anch'egli nano. Alexandre dice che non sa se vorrebbe un figlio anch'egli nano, ma aggiunge di essere giovane e di sapere poco della vita, mentre il padre, che aveva vissuto e sperimentato, questo coraggio lo aveva avuto e lui ora era lì. Conclude dicendo che la 'costruzione' di bambini va di pari passo con la difficoltà di saccettare la diversità. La diversità è un problema per la società occidentale in ogni sua forma. Quella della diversità razziale è solo la più conosciuta, non la più profonda. Oggi essere grassi oppure brutti ha un impatto sociale fortissimo, che non era così pronunciato solo quaslche decennio fa.

Credo che questo documentario muova molte sensazioni e porti a riflessioni profonde, attualissime nella nostra società, anche se nella vita di tutti i giorni spesso non ci rendiamo neanche conto di quali e quanti cambiamenti siano in corso. Mi torna in mente una trasmissione che, tanti anni fa, diceva che le armi in uso attualmente sono circa venti anni indietro rispetto a quelle allo studio. Credo che un gap simile esista anche nel campo della ricerca genetica e di quella di tecnologie impiantabili nell'uomo e credo anche che non possiamo ignorarne gli effetti sulla nostra vita.
Avere impiantati dei chip dentro di noi, oltre a favorirci, ci renderà influenzabili dall'esterno? Le nostre sensazioni potranno essere modificate da altri? Se si potranno curare stati come la depressione con degli impulsi, non potranno anche essere indotti? Le persone potrebbero essere calmate o istigate tramite dei semplici segnali. E a che servirà avere Google in testa? La mente opera una selezione dei nostri ricordi che spesso è benefica per la nostra salute mentale, senza contare che lo sforzo di riflettere e ricordare aumenta le capacità del nostro cervello, mentre un sistema di ricerca tecnologico sicuramente le ridurrà. E renderà i nostri ricordi proprietà di altri. Già Facebook ed altre realtà memorizzano tutto ciò che facciamo nei nostri social e lo conservano per venti anni circa.

Ho la sensazione che l'uomo vivrà, nel volgere di pochi decenni, immensi cambiamenti in molti aspetti, sociali, personali ed ambientali, ai quali bisognerà essere preparati, per favorirne alcuni ed opporsi decisamente ad altri.

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Antonio Franco | Breath Trainer & Counselor
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