La seduta e’ finita: e adesso?

La seduta e’ finita: e adesso?
La seduta volge al termine e l'accompagnato, steso a terra, attraversa l'ultima fase del suo ciclo di respirazione, ovvero quella del completamento. Il respiro si fa più ampio e tende a rallentare, spesso diviene molto profondo, a volte quasi impercettibile alle orecchie (e qualche volta anche agli occhi). Possono verificarsi delle apnee che, in questo particolare momento, possono segnalare una specie di rifiuto, da parte dell'accompagnato, a vivere il completamento nel proprio corpo.
Sono i momenti in cui la persona reintegra la propria coscienza, dopo averla espansa grazie al processo respiratorio. In pratica il ciclo apre e chiude la coscienza allo scopo di garantire l'equilibrio attraverso una evoluzione progressiva dell'essere.
Finito questo momento, spesso la persona tende a girarsi su di un fianco. A volte, prima che la persona si giri, si possono vedere come degli scatti nervosi di una gamba, un piede, una mano e così via. Secondo alcuni si tratta del segnale del completo ritorno nel corpo dell'accompagnato in seduta.

Siamo al momento in cui l'accompagnato, steso sulla schiena o sul fianco, tende a tornare nel presente intorno a sé e può segnalare la sua presenza con piccoli segnali fisici (sospiri, tirar su col naso, brevi movimenti, ecc.) prima di riaprire gli occhi, ma non è una costante assoluta. Ricordate che il momento in cui la persona riapre gli occhi è un momento di passaggio fondamentale fra il ciclo di espansione di coscienza attraversato e il completo ritorno al mondo secolare, alla "vita di tutti i giorni".

Come si deve comportare l'accompagnatore in questi momenti? Personalmente, mi pongo in uno stato di attesa ed ascolto, disponibile ad accettare i tempi di chi sto accompagnando. Resto anche in ascolto di me e delle mie reazioni interne, che posso essere molteplici. Non dimenticate che anche chi accompagna la seduta può essere attraversato da fenomeni di attivazione emotiva ai quali deve rimanere presente, per evitare che lo portino ad identificazioni con i processi in corso che menomerebbero le sue capacità in seduta. Anche il fine seduta richiede attenzione in quanto il nostro ego spirituale potrebbe fare capolino, facendoci sentire tanto importanti e bravi, oppure buoni di un buonismo neoromantico che poco ha a che vedere con l'empatia richiesta dal momento. Seduto vicino all'accompagnato, resto in vigile attesa del suo primo passo verso il mondo esterno.

Una volta che abbia riaperti gli occhi, ci si può trovare di fronte a vari comportamenti: il soggetto spesso rimane con lo sguardo fisso, come se stesse ancora rielaborando l'esperienza appena vissuta, come in effetti è, e impiega un certo tempo prima di iniziare a parlare con l'accompagnatore.
A quel punto, i movimenti energetici possono essere fondamentalmente due:

  • presenza
  • fuga

Nel primo caso ecco che l'accompagnato inizia a condividere i suoi pensieri lentamente, uno dopo l'altro così come si stanno riordinando in lui. Iniziano a dipanarsi nella sua mente sensazioni e interpretazioni che prima non aveva, cose che aveva considerate in un certo modo, d'improvviso cambiano in lui ed assumono un peso differente. Si resta in ascolto intervenendo il meno possibile, giusto il minimo per sostenerlo ed evitando di essere presenzialisti. Il processo è tutto di chi parla! A volte questi momenti sono di autentica gioia per chi li vive e lo si vede chiaramente dal modo di parlare e di guardarsi intorno, in altri casi invece, si tratta di prese di coscienza non facili, anche dolorose, ma che l'accompagnato vive con un senso di serenità. Sembra che il fatto di avere sviluppata quella coscienza da solo lo ponga nelle condizioni di accettarla più facilmente.

Nel caso che abbiamo definito di fuga, la persona ha reazioni più marcate. Inizia sovente a parlare in modo concitato, gli argomenti possono essere disparati e variare dalla data del prossimo incontro a battute sull'andamento della seduta fino al programma sul come passare la serata. Ogni cosa è buona per evitare di restare nella coscienza di quanto si è appena attraversato. Noi non siamo psicoterapeuti per cui il nostro compito è quello di offrire sostegno empatico, far capire che va tutto bene ed evitare di seguire l'eventuale svalorizzazione del momento che l'accompagnato può cercare di mettere in atto. Lasciategli il tempo di accettare il vissuto, di iniziare a sedimentarlo. Restate centrati in voi, rispettando eventuali momenti di vuoto e vedrete che anche l'altro ne beneficerà.

Una cosa sulla quale è importante porre attenzione sono quei fenomeni che tendono a verificarsi spesso dopo una seduta di respiro e che, a volte, l'accompagnatore prende per naturali mentre sono derivati dal respiro. Vi propongo qualche esempio.

Fame: può capitare che delle persone escano da una seduta con un forte senso di fame, a volte oserei dire fortissimo! Alcuni mi hanno raccontato di essersi precipitati a comprare un panino non appena usciti in strada e confesso che la stessa cosa è capitata anche a me, al termine delle mie prime sedute di rebirthing come cliente.

Eccitazione sessuale: alcune persone vivono, nel dopo seduta, un'intensa eccitazione sessuale che non ha nulla a che vedere con l'accompagnatore, come intuirete facilmente. Egli deve evitare accuratamente di cedere ad una situazione del genere nel pieno rispetto dell'etica comportamentale per un operatore olistico. Se il cliente non ha il controllo delle sue pulsioni dobbiamo, però, averlo noi.

Abbracci: non mi viene in mente un termine preciso per descrivere questa spinta, quindi ho scelto "abbracci". Si tratta della voglia di tenerezza e di contatto che spesso si verifica dopo una seduta. In sé non c'è niente di male, però dovete essere coscienti e differenziare fra la gioia e l'amorevolezza che si può vivere in quei momenti e l'emotività, che non è la stessa cosa, che può essere un altro modo di non restare in contatto con quello che si sta attraversando.

Pipì: non è raro provare un forte stimolo alla minzione dopo una seduta. Tale stimolo non è da confondere con quello che si può provare durante la seduta. Di solito lo stimolo ad urinare durante la seduta si collega a sentimenti di paura, mentre quello che si manifesta alla fine è spesso legato al lasciare andare le tensioni.

Oltre a queste appena descritte, possono esserci altre situazioni e non voglio farne qui uno studio approfondito. Quello che importa è capire che il modo migliore per affrontare questi stati è restare presenti a se stessi, attraversarli senza identificarvisi, in modo da aiutarli a sciogliersi. Un po' come avviene in alcuni tipi di meditazione come lo zazen e la vipassana.

Ricordo a tutti che è bene che la persona non si alzi di scatto al termine della seduta. Si possono verificare degli sbalzi di pressione arteriosa che possono essere spiacevoli. Invitate la persona prima a sedersi per un po' sul materassino usato per la seduta e, dopo un po', sarà pronta per alzarsi in piedi.

Spero di essere riuscito a trasmettervi il concetto che la seduta non termina con l'apertura degli occhi dell'accompagnato e lascia dietro sé degli strascichi di cui bisogna essere consapevoli. La seduta avrà i suoi effetti residui ancora per molte ore e bisogna che la persona che sta per lasciare il vostro studio lo sappia e sappia accogliere quello che ne verrà. Non dimenticate dunque, quando calcolate la durata teorica di una seduta, di contemplare almeno quindici minuti da dedicare alla conclusione.

EVENTI

Antonio Franco | Breath Trainer & Counselor
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