Integrazione X┬░

La responsabilità non comporta la colpa. La responsabilità è il riappropriarsi della nostra creazione in uno slancio trasformatore di gratitudine. La colpa è la condanna della nostra creazione nel rimorso e nella rivolta.

La colpa paralizza, la responsabilità spinge ad agire con precisione. La colpa blocca e distrugge, la responsabilità apre e rivitalizza.

Quando accettiamo la nostra responsabilità di fronte ad una situazione dolorosa, ci diamo i mezzi per trasformarla a nostro favore.

Quando ci sbarazziamo della nostra colpa rifiutando di riconoscere il nostro potere creatore ci sottomettiamo al determinismo delle cause e degli effetti, degli avvenimenti esterni e del karma.

Ogni risentimento ha la sua fonte in una colpevolezza proiettata verso l'altro: sappiamo tutti, almeno inconsciamente, di essere i creatori della nostra realtà. Quando questa diviene dolorosa, piuttosto che assumercene la responsabilità e trasformarla, ci poniamo nel risentimento verso noi stessi (la colpa) o rigettiamo la nostra colpa sull'altro (rancore).

Diventiamo quindi, in un'illusione fantasmatica, la vittima dell'altro, del caso, della società, dei tiranni, dei padroni, dell'odio…

In effetti noi siamo sempre e per prima cosa le nostre proprie vittime. L'accettare, è smettere di martirizzarsi, è liberarsi ed amarsi.

Alla base di ogni rancore si trova inevitabilmente un odio di sé ed un senso di colpa profondo.

Il primo passo del perdono è, quindi, il riappropriarsi della propria responsabilità e della propria creazione. Non si tratta di un perdono magnanimo che offriremmo dall'alto di un piedistallo di santità. Non diciamo all'altro: «io, che ho tanto sofferto per causa tua, sono così buono/a che ti perdono».

Ritroviamo gli ancoraggi che hanno creato la situazione, ne prendiamo la responsabilità e ci volgiamo all'altro nella gratitudine. «in questa situazione, tu hai interpretato il ruolo che ti ho attribuito. Ho, finalmente, compreso di avere creato questa situazione al fine di imparare che… te ne sono riconoscente».

La coscienza di vittima ci chiude al mondo che è un potenziale di pericolo, all'altro di cui subiamo gli atti ed a noi stessi che siamo impotenti. Questa chiusura mentale ed affettiva si ripercuote nel corpo e nell'energia creando così dei blocchi sempre più numerosi, poi delle malattie, poi la morte.

La coscienza creatrice ci apre:

• al mondo, perché l'inventiamo,

• all'altro, perché è la nostra fonte di evoluzione e di guarigione,

• a noi stessi, perché abbiamo il potere di creare la felicità assoluta per noi e per ognuno. Questo stato di apertura si traduce in un'apertura fisica ed energetica che mantiene la salute e la vita.

Del resto, quando alimentiamo il rancore e la coscienza di vittima, non vediamo dell'altro che dei cumuli di esperienze passate. Filtriamo i nostri timori tramite il nostro risentimento e le nostre proiezioni. Viviamo l'altro nell'illusione. Esistiamo, allora, in uno stato di separazione con l'altro e con noi stessi.

Quando accettiamo di liberarci dal rancore, l'altro viene percepito nell'istante presente così com'è, in tutto il suo splendore. Lo scopriamo nella sua autenticità e raggiungiamo allora la vera intimità. Il nostro sguardo lo guarisce perché, nella nostra percezione della perfezione presente, egli si ritrova.

Il nostro sguardo ci guarisce perché, in questa autenticità ed intimità, ci apriamo pienamente alla vita ed all'amore. Incontriamo, infine, uno stato di unificazione con l'altro e con noi stessi.

EVENTI

Antonio Franco | Breath Trainer & Counselor
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