La respirazione minimale può avere due modalità di manifestazione:
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respirazione minima necessaria,
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momenti di apnea.
Come dicevo, questa analisi non riguarda la persona ed il suo modo di respirare nell'ambito di una seduta, ma come essa si rapporti al respiro nell'arco di tutta la giornata.
Respirazione minima necessaria.
Molto spesso non ci si rende conto di quanto poco si respiri, di come la quantità di aria che viene immessa sia al minimo consentito, tanto da indurre spesso proprio la sensazione di mancanza di aria, o di peso al plesso solare, che molti tendono a provare. Si provano le sensazioni negative, ma non se ne percepiscono chiaramente le cause.
Si diviene coscienti di questa autolimitazione in seguito alla pratica di alcuni esercizi, in realtà molto semplici, oppure per il verificarsi di qualche situazione particolare che ponga in risalto il problema.
Vi porto due esempi dalla mia esperienza personale: ho sempre amato molto giocare a ping pong e, molti anni fa, prima di avvicinarmi al rebirthing ed alle tecniche di respiro, mi era capitato più volte, nel corso di partite particolarmente accese, di sentirmi quasi mancare. Avevo provato un senso di annebbiamento che mi aveva costretto a fermarmi per qualche attimo nel corso del gioco e questa sensazione si era ripetuta più volte.
Poi, frequentando una palestra, realizzai che, fra una serie di esercizi e la successiva, ero costretto a fermarmi per fare lunghe sequenze di respiri per potere continuare senza problemi. Leggendo proprio in quel periodo dei libri di Alexander Lowen, venni a sapere che molte persone limitano il proprio respiro al minimo consentito, per evitare di sentire le sensazioni che il respiro porta con sé. Non si trattava, dunque, di stanchezza, ma era una vera e propria mancanza di ossigeno che aveva prodotto i fenomeni che avevo vissuto. Facendo gli esercizi che Lowen consigliava, arrivai a rendermi conto di come anche io rientrassi in quella categoria di persone e di come questo portasse non pochi problemi nella mia vita di tutti i giorni. Si trattava, perlopiù, di restare in ascolto del respiro, di seguirlo e verificare di che tipo fossero i suoi movimenti.
Secondo Lowen, è come se il corpo cercasse di irrigidirsi per non sentire le sensazioni che lo fanno soffrire e, per potere fare questo, ha bisogno di limitare l'apporto di ossigeno che, al contrario, aumenta la vitalità e, di conseguenza, la capacità del soggetto di essere cosciente delle proprie emozioni e sensazioni mediate dal corpo.
In particolari situazioni, questa limitazione del respiro si tramuta in una vera e propria apnea che viene agita nei momenti più disparati della giornata. Soprattutto in situazioni di particolare stress o tensione, alcune persone tenderebbero a trattenere il respiro proprio come risposta alla serie di eventi che si stanno verificando, così da limitare le sensazioni spiacevoli.
È un fenomeno che ben conoscono i praticanti di arti marziali, ma anche del pugilato o di altre discipline affini. Il combattente, chiaramente in una situazione di stress, tende a sospendere il respiro, il che provoca una diminuita capacità di reazione e della relativa efficacia. Anche negli uffici, ovunque al lavoro oppure in particolari momenti di tensione relazionale, si tende a riprodurre questo meccanismo che, se da un lato riduce il "sentire" sensazioni non piacevoli o, peggio ancora, portatrici di sofferenza, porta con sé un irrigidimento del corpo che, sempre secondo Lowen, può divenire cronico nel lungo periodo. L'irrigidimento è sia fonte di sofferenza fisica (molte patologie sono ad esso collegate) sia di incapacità di rispondere efficacemente ad una situazione, lavorativa o affettiva che sia.
Chi lavora col respiro (ma anche chi viene accompagnato nel respiro) dovrebbe porre particolare attenzione a questo aspetto della propria vita quotidiana e cercare, attraverso degli esercizi, di acquisire una dimestichezza naturale con il proprio stato della respirazione. È importante rendersi conto di quando il nostro respiro si assottiglia oltre una certa soglia o di quando interviene una apnea, in modo da potere rimediare ricominciando a respirare con un ritmo più naturale.
Ovviamente tali modifiche del respiro avvengono per situazioni che la persona sta vivendo in quel momento oppure per una abitudine acquisita: l'intervenire regolando il proprio respiro non produrrà subito effetti duraturi, ma praticando con costanza l'attenzione e l'intervento sul respiro, si potranno ottenere dei risultati stabili nel tempo. A tali pratiche si aggiungeranno anche delle sedute di innerbreathing o altre discipline affini, in modo da produrre dei risultati più duraturi.
Momenti di apnea.
Tali momenti possono verificarsi in presenza di situazioni emotive forti, come ad esempio una discussione con una persona cara, oppure uno scontro (fisico o verbale) con qualcuno. Un esempio che uso spesso è quello dello spettatore di un film di terrore: durante le scene più forti la persona tende naturalmente a trattenere il respiro, come per anestetizzarsi dalle sensazioni in atto. Un altro caso è quello in cui si provi un senso di carica aggressiva e, di conseguenza, i muscoli (sopratutto braccia e spalle) si induriscano come se dovessero scattare. La mancanza di possibilità di azione porta anche qui a ridurre o bloccare il respiro. In realtà, anche secondo gli studi della dottoressa Eve Jones, tale pratica porta al trattenere in sè tali sensazioni invece di viverle completamente e superarle. Ovviamente quando si parla di apnea ci si riferisce a momenti, più o meno lunghi, di sospensione, ma sempre dell'ordine di tempi di gran lunga inferiori al minuto.
Vi fornisco un elenco di alcuni esercizi che possono tornare utili:
20 respiri circolari: questo esercizio, insegnato da Leonard Orr, permette di ossigenare profondamente il corpo e percepire eventuali resistenze.
Ritratto della respirazione: una guida alla scoperta del nostro ritmo respiratorio, che consente una presa di coscienza minuziosa dei movimenti del nostro corpo, legati alla respirazione.
Gestire un attacco di ansia attraverso il respiro: un esercizio che permette di intervenire sul senso di oppressione che spesso le persone percepiscono al plesso solare.
Ad integrazione di questi, potrete trovare altri esercizi di altre discipline, ma la cosa più importante è che in certi momenti, come ad esempio discussioni accese o situazioni delicate a livello sentimentale, oppure di paura, siate attenti al vostro respiro ed a come esso si modifica in relazione al modificarsi delle vostre emozioni. Il respiro non è l'emozione, ma fino ad un certo livello essi viaggiano in parallelo e l'uno tende a modificare l'altro. Così come la paura tende a bloccare il respiro, altrettanto una meditazione centrata sul respiro tenderà a calmare le emozioni.
Il mio consiglio è di sperimentare, mettere in atto i meccanismi di attenzione e poi utilizzare gli esercizi per lavorarci sopra. La pratica supera ogni scritto!
Buon lavoro a tutti.