Stili di respirazione 4: La respirazione di chi e’ nato e di chi non e’ nato.

Stili di respirazione 4: La respirazione di chi e’ nato e di chi non e’ nato.
Reich descrive come una delle funzioni di tale inibizione respiratoria quella di interrompere nel corpo il moto delle correnti vegetative combattute dalla paziente «attraverso il non permettere il passaggio di aria e dai polmoni.». Ciò presenta un ovvio paradosso: se lo schizofrenico rifiuta di aspirare aria, muore per anossia; proprio come quella persona che, assumendo una troppo piccola quantità di cibo, può morire per anoressia. Ma lo schizofrenico non soccombe per mancanza di respirazione. La dinamica specifica di questa respirazione sembra implicare la messa al minimo del movimento respiratorio. L'aspirazione di aria e la sua espulsione, in altri termini, ha pure luogo, ma viene ottenuta in modo quanto più impercettibile riesca possibile. È una respirazione interiore, invisibile se viene paragonata con il respiro di una persona che vive nel mondo con fiducia.

Non è che una persona che vive in questo modo non senta il diritto di essere nutrita oralmente, riducendo di conseguenza la sua richiesta di aria, come nella situazione descritta in precedenza. La respirazione impercettibile non è la negazione dell'aria, ma del processo respiratorio stesso, che è il requisito fondamentale della vita all'esterno del grembo materno. I movimenti della respirazione schizofrenica sono una riproduzione a cui attenersi il più strettamente possibile, della stessa inattività dell'apparato respiratorio nel periodo intrauterino. La debole, impercettibile respirazione che Reich ha descritto è la «respirazione uterina». La respirazione cioè di qualcuno riluttante o inabile a nascere.

A causa del concetto di stress transmarginale, si possono istituire alcune ambivalenze; così come Lowen descrive un attacco di spersonalizzazione in relazione alla respirazione che è accaduto ad un suo paziente, in questi termini: «Talvolta vorrei vivere quella strana sensazione in cui io non ho controllo sul mio respiro. Ciò mi nasce dalla constatazione che, se io potessi ad un tratto arrestare la respirazione, non saprei riavviarla nuovamente.
Mi sembrava di essere al di fuori del mio corpo e di osservarlo come se lui non fosse me. Provavo emozioni di debolezza e di vertigine, sentivo che stavo per morire. Avrei quindi voluto gridare e sprofondare. Così i sentimenti si sarebbero lentamente dissipati. Ero oltremodo terrorizzato» (6).

Il grido di paura che allontana il senso di spersonalizzazione è in effetti un grido di nascita. In qualche grado riconduce la persona spersonalizzata indietro, nel suo corpo. Il timore, a cui si perviene per voler fermare la respirazione, causa un affannoso respiro dell'aria che viene aspirata, in quanto la condizione spersonalizzata si identifica con una predisposizione puramente emozionale a non respirare, ad essere non-nato. Per una persona schizoide, il respirare vigorosamente, può destare sensazioni pari al morire per annegamento. Lowen spiega ciò come segue:

«L'aprire tutta la gola nel respirare, evoca sentimenti di annegamento in molti pazienti. Uno di essi ha riferito di questa sensazione in un certo numero di occasioni; tuttavia egli non ebbe modo di reperire nella propria memoria alcun incidente che avrebbe potuto permettere di risalire ad una esperienza di tal tipo.

L'interpretazione logica è che il senso di annegamento rappresentava la sua reazione ad un flusso di lacrime e di tristezza, che scaturiva al livello della sua gola, quando le tensioni venivano dissolte. Allo stesso modo, le sensazioni soffocanti, comunemente riferite dai pazienti, potrebbero essere interpretate come «l'allontanamento» di questi straripanti sentimenti di tristezza. Il sentimento dell'affogare opera un prodigio per ciò che riguarda una possibile associazione con l'esistenza intrauterina, ove il feto fluttua in un oceano fluido. È ora risaputo che il feto compie movimenti respiratori, nell'utero, circa dal settimo mese in poi. Questi non hanno alcun significato funzionale; ciononostante, se lo spasmo uterino venisse ad essere interrotto per un intervallo significante, e con esso il flusso del sangue ossigenato alla placenta, è concepibile che questi movimenti di tentata respirazione potrebbero diventare reali sforzi tesi a respirare. In questa situazione la sensazione di affogare risulterebbe dal fluire del liquido amniotico all'interno della gola del feto. Questa è pura speculazione, ma l'evenienza di tale esperienza intrauterina non può essere esclusa» (5).

Un'altra forma di modello di respirazione schizoide, descritto da Lowen, appare essere l'opposto di quanto mostrato dal paziente di Reich. È una situazione in cui la persona blocca la respirazione al momento dell'inspirazione. «Questo tipo di respirazione schizofrenica», scrive Lowen, «porta un indizio emozionale: se provate ad imitarlo (gonfiate il petto e tirate dentro l'addome), potrete udire come un sussulto, mentre l'aria fluisce nel polmoni. Non è arduo riconoscere ciò come un'espressione di spavento: lo schizofrenico respira come se vivesse in uno stato di terrore» (6).

Se questo respiro affannoso, una volta che sia stato inalato, è espulso impercettibilmente, allora l'espressione della paura è stata congelata ed introiettata. Lo schizofrenico respira come un uomo che rischia la morte su un campo di battaglia e che sarà abbattuto se mostra, attraverso anche un solo respiro, di essere vivo. Egli può respirare, ma non deve essere visto mentre lo fa.

La propensione alla respirazione isterica palesa tendenze contrarie: a tutti i costi il soggetto deve essere visto respirare. Il respirare perlomeno comprova che egli è vivo e fuori dal grembo materno; ma è la respirazione di chi agisce solo secondo questo indirizzo, è un respiro di panico ansioso. Ansietà significa costrizione, ed il respiro isterico è un respiro costretto, in cui colui che respira lotta per asserire se stesso.

«Immaginiamo», scrisse Reich, «che uno sia spaventato o preveda un grande pericolo. Istintivamente tirerà dentro un respiro e rimarrà in questa posizione. Poiché non si può continuare a far ciò, egli dovrà ben presto espirare.

Tuttavia l'espirazione sarà incompleta e superficiale; il soggetto non espirerà completamente in un solo respiro, ma frazionatamente, a piccoli tratti, come fosse… Qual è la funzione dell'abitudine a respirare «superficialmente?» Se portiamo l'attenzione agli organi più interni ed alla loro relazione con il plesso solare, cogliamo immediatamente che cosa sta succedendo. Nella paura, involontariamente, si inspira; come, per esempio, durante un annegamento, ove questa profondissima inspirazione conduce alla morte» (3). Reich prosegue nel descrivere come i bambini imparino a contrastare gli stati d'ansietà con il contrarre il loro atto respiratorio e sopprimendo le emozioni ansiogene. Se hanno successo, il risultante modello di blocco affettivo e di rigido trattenimento conduce al blocco dei muscoli toracici, già descritto. Il modello fisico dell'isterico fa fronte allo stress con «l'esprimere» alcuni sintomi ansiosi ed imparando a manipolare l'ambiente attraverso di essi. Il modello di respirazione è vicino a quello che Nic Waal descrive come «respiro concitato» e conduce alla sensazione di avere il fiato corto.

È questo il modo in cui Katherine, la paziente di Freud, rispose alla sua domanda «che cosa è che ti fa soffrire?»
«Mi va via il respiro. Non sempre; ma alle volte mi prende così tanto che mi sembra di soffocare».

Freud commenta: «A prima vista, ciò mi apparve come un sintomo nervoso. Ben presto però mi sopravvenne che probabilmente era solo una descrizione indicante un attacco di ansietà: lei stava scegliendo la brevità del respiro, dal gruppo di sensazioni che stavano emergendo dallo stato ansioso, e stava collocando l'eccessivo stress in quel singolo fattore» (7).

La conversazione fra Freud e Katherine prosegue nel modo seguente: «Siediti qui. Che cosa ti accade quando ti "viene meno il respiro"?»
«Mi sommerge tutto ad un colpo. Anzitutto è come se qualcosa premesse i miei occhi. La mia testa si fa molto pesante e si riempie di un insopportabile ronzio; io mi sento così stordita che quasi non mi reggo in piedi. A questo punto c'è qualcosa che si accalca nel mio petto cosicché non mi riesce più di respirare.»

«E tu, non noti qualcosa all'interno della tua gola?»
«La mia gola ne viene schiacciata contemporaneamente, come se stessi per strozzarmi»

«Nella tua testa non accade nient'altro?»
«Si, v'è come un martellamento, abbastanza forte da farmela scoppiare»

«E tu, non ti senti spaventata mentre accade tutto ciò?»
«Penso sempre che sto per morire, sono coraggiosa di norma e vado dappertutto da sola, giù in cantina e su in montagna; ma il giorno in cui accade tutto ciò, non oso proprio recarmi da nessuna parte, penso, per tutto il tempo, che qualcuno sta in piedi dietro di me e si appresta ad afferrarmi completamente» (7).

Questo esempio getta una quantità di luce all'interno della transizione fra i modelli di respirazione isterici e schizoidi. Nei momenti in cui lei si strozzava e non poteva trarre respiro, si creava la pressione alla testa. Reich annota che «se la capacità di anticipazione ansiosa è mantenuta per un certo tempo, ecco apparire una pressione alla fronte. Ho avuto
molti pazienti nei quali non era possibile eliminare la pressione alla fronte finché non venni a scoprire la loro propensione all'anticipazione ansiosa, sita nella muscolatura toracica» (3).

Comunque, la tendenza isterica è di abreagire una parte del panico, di far apparire un senso di soffocamento all'interno della respirazione concitata, vagheggiare un senso di morte ma sempre dimostrando una vivida vitalità.

L'isterico respira con l'esitante respiro da panico di un bimbo che ha avuto una nascita difficile.

Non sto suggerendo che si possa classificare rigidamente gli stili di respirazione e collocarli meccanicamente su specifici modelli caratteriali. Le persone posseggono esperienze uniche che conducono a tutte le gradazioni di colore, attraverso le molteplici tendenze del carattere ed attitudini fisiche. Gli stili della respirazione sfumano gli uni negli altri e nella medesima persona possono coesistere le estreme polarità, quand'essa attraversa il limite dello stress, sotto le fluttuanti condizioni di ansietà o tensione.

Il considerare i modi di respirazione in termini di esperienza uterina o di nascita, di conflitti intestinali e di lotta interiore a livello muscolare, mi sembra che possa incrementare la comprensione di alcune delle dinamiche che vediamo quando lavoriamo con persone che lottano con tensioni, sensi di colpa e crisi esistenziali, per aiutarle a liberarsi o a ridar loro aria.

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Antonio Franco | Breath Trainer & Counselor
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